Subject: Re: Disurbi somatoformi Date: Tue, 7 Apr 2009 19:13:06 +0200 From: "Vincenzo Del Piano" Organization: ComputerVille Newsgroups: it.discussioni.psicologia "Ghiro" ha scritto nel messaggio news:grf4kg$fap$1@news.newsland.it... > > Ad una signora che ha passato la sessantina sono comparsi dei disturbi > somatoformi conseguenti ad una depressione mascherata che si manifestano > quasi quotidianamente da circa 3 mesi. (...) > Un paio di altri psichiatri interpellati han detto che la terapia > farmacologica (Cymbalta) è l'unica che in questo scenario ha senso > proseguire, salvo gli sporadici incontri di 15 minuti ciacuno che lo > psichiatra del csm di zona si sentirà di dover fare. (...) > La signora non ne vuole sapere, il punto è che a livello familiare ci sono > dei problemi conseguenti a questo stato delle cose, vista la non volontà > di voler collaborare in questo senso (...) NON sto chiedendo di "saperne di più". Anche perchè non è *il* caso particolare che può essere discusso, in un luogo qual è questo. Parlando, quindi, in generale, la <> sempre depressione è; pertanto il dirottamento sintomatico sul corpo -qualunque forma assuma ...- è determinante SI' ai fini della decisione di quale terapia farmacologica (diretta al corpo) si renda (eventualmente) indispensabile, ma NON deve far tralasciare o sottovalutare che è di depressione che si tratta. Ciò significa che è la depressione che "deve" essere curata; trattandosi di <>, ci si potrebbe trovare di fronte a un caso nel quale la depressione non si presenta accompagnata (o palesata) da chiari disturbi dell'umore ... per cui l'eventuale utilizzo di farmaci direttamente destinati a modificare positivamente lo stato dell'umore potrebbe essere addirittura inutile; o quantomeno apparire improprio. Non è infrequente che questa componente (di rifiuto della diagnosi di depressione, in quanto "disagio psichico") assuma un ruolo centrale nel rendere ulteriormente difficile la terapia che non può limitarsi ad antagonizzare il sintomo psicosomatico; e non è infrequente che il rifiuto sia interpretato (dai familiari della persona a disagio) come "ostinazione", o "indisponibilità". > può essere di qualche aiuto che i familiari discutano del problema con > qualcuno per capire come comportarsi e relazionarsi in modo, magari, > di alleviare il disagio e in una qualche forma aiutare anche la paziente a > "riprendersi"? Quando si realizza la situazione (indubitabilmente difficile da gestire) nella quale il Paziente rifiuta la diagnosi relativa alla sfera psichica, e si nega ad agire in tal senso ... ciò che è possibile (e consigliato da molti ...) è che la famiglia -anche Paziente escluso ...- cerchi *tutta assieme* una strategia di "accompagnamento/accoglimento" del Paziente. Questa assunzione di nuova posizione della famiglia nei confronti del Paziente può "persino" concorrere a costituire (ed essere essa stessa!) "psicoterapia". Saluti. -- Vincenzo