Subject: Re: interagire con i genitori dei diversamente abili Date: Sat, 09 Feb 2008 18:42:40 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia red angel wrote: > > Generalmente riesco a gestire bene questo tipo di rapporti, ho capito che > basta essere disponibile coi genitori ed affettuosa coi figli e tutto va > liscio. > Il difficile inizia quando i genitori o un genitore dopo tanti anni non ha > ancora elaborato il lutto per aver avuto un figlio malato, perchè questo > genera un tipo di pretese, verso l'insegnante di sostegno e verso la società > in generale, ossessive ed a volte irreali, basate sul mancato riconoscimento > delle reali potenzialità dei figli. > Premesso che sono molto vicina a queste persone, noto però che forse bisogna > stabilire un confine oltre il quale il genitore deve capire di non dover > andare, sempre parlando di aspettative sul figlio e pretese dall'insegnante. > Ho ragione di pensare che un madre che, con un figlio cerebroleso che non è > in grado di fare 5+7, sia convinta che possa fare le equazioni, le > volumetrie di solidi, le traduzioni in lingua ecc, è ancora nella fase di > negazione dell'elaborazione del lutto? > E quindi, avrebbe bisogno di analisi? Io sto cercando di far capire con > *moltissimo* tatto che questo non è possibile, che l'importante è che faccia > tutto insieme agli altri, ma con pochi risultati ed è inutile dirlo, questo > mi costa notevoli energie psichiche. Quale potrebbe essere il giusto > atteggiamento, al fine di preservare la mia...incolumità psichica, senza > ferire, ma anzi aiutando queste persone? > Buon week end a tutti! :-) Hai una grande occasione. Parlare con una persona, me medesimo, che per molti anni si è dedicata ad una persona cerebrolesa. : - ) Dunque, si trattava di una bambina di 9 anni a cui facevo inizialmente fisioterapia con altri volontari. Il danno dell'handycap era di tipo "mancanza di ossigeno al momento del parto". Ciò gli aveva comportato: -ritardo verbale (mugugnava e non parlava) -articolazione degli arti (non era in grado di afferrare gli oggetti) -postura (non era in grado neanche di stare seduta) -perdita capacità di controllo delle proprie funzioni fisiologiche Gradualmente io gli feci come una sorta di istitutore. Non perché ufficialmente fosse così, ma la andavo a trovare una volta a settimana per "parlarci", fuori dal puro orario di terapia. Lo sbaglio che tu compi è considerare paragonabili ai normo dotati tali persone e fino a un certo "segno limite". Tali persone hanno una sensibilità ben maggiore alla media delle persone. Però devono essere incoraggiate, fatte sentire importanti, che il loro dolore non è inutile. Io gli ho spiegato anche l'algebra astratta. Gli ho spiegato domande che all'esame di calcolatori elettronici presso la facoltà di ingegneria i candidati non avevano saputo rispondere. Gli ho spiegato perché non avevano saputo rispondere, gli ho spiegato perché lo dicevo proprio a lei. Gli ho detto che lei meritava di più di una persona normale, che se lei voleva (anche se non poteva camminare con le gambe) poteva volare con la mente. E volò con la mente. Ora parla in modo fluido e afferra oggetti, è in grado di discorrere di ogni argomento. Non è felice. Forse sarebbe stata più felice se non avesse accettato che capire significa anche prendere coscienza di se e del proprio handycap. Mi dice spesso: "Per me non è facile. Non riesco ad accettare di vedere i miei fratelli camminare e io devo stare su una sedia a rotelle". Io gli dico che il suo soffrire non è inutile .. e lei fa finta di assecondarmi .. e mi regala un sorriso .. Ciao, L