Subject: Re: paure Date: Wed, 09 Jul 2008 10:26:37 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia laila_960@yahoo.it wrote: > > E' possibile avere paura di amare? Paura di essere amati e paura di > lasciarsi andare e gioire dell'amore? > Paura di dimostrare le proprie capacità intelletive e lavorative. > Se è possibile questo perchè succede? > > ciao > Laila E' la cosa più diffusa la "paura di amare". 1) Perché la semantica, ossia il significato della parola (da greco semàinein), è di molto dissimile a secondo di chi la dice o la ascolta, nonché dai contesti in cui è utilizzata. 2) Perché nella accezione di amare = capacità di dare agli altri -anche solo dell'attenzione- senza chiedere nulla in cambio (altrimenti siamo nell'essere amati) è un investimento "a fondo perduto" rispetto alla filosofia detta "interpretazione materialistica della storia". ==== Sul dimostrare le proprie capacità oppure no: Spesso non ci espone a dimostrare le proprie capacità perché nella nostra società è più utile il servilismo. Dimostrare di saper pensare autonomamente da l'incipit -> al concetto di poter mettere in discussione il "principio di autorità". Spesso in un clan, in un ambiente di lavoro gerachicizzato, si pensa -erroneamente- che regola n°1= il capo ha sempre ragione. Viceversa anche in un sistema feudale come ancora ce ne sono nel mondo, si pensi al sistema con un partito unico, come in Cina, coloro che danno "consigli" sono tanto più importanti quanto dicano delle cose motivate e dimostrabili, anziché dire solo di sì con il capo. E' lo stesso potere monocratico, che ne necessita. Perché il monarca o il feudatario o il principe ha bisogno di collaboratori "validi", che sappiano dire anche cose scomode, purché vere (salvo essere destinati al declino, alla sconfitta). Tali soggetti, se non minacciano il potere con il volerlo detronizzare -> sono molto utili al potere -> proprio perché il potere possa perpetuare se stesso! Del resto la stessa impostazione democratica trae la sua eticità sul fatto di curare gli interessi della più ampia collettività e -possibilmente- senza ledere degli interessi legittimi delle minoranze. Si pensi alle motivazioni addotte alla schedatura dei Rom o degli Zingari. "Lasciateci governare perché abbiamo la maggioranza del consenso popolare .." "Schediamo solo gli Zingari perché vogliamo mandare i loro bambini a scuola .." Le motivazioni di uno o di molti, andrebbero valutate nel merito e nel metodo. La manipolazione dei media e dello stesso significato delle parole può portare persino ad un cambio di quali valori siano da prendere a riferimento e perché. Cosa ammissibile -naturalmente- ma solo perché accade! Con la stessa legittimità -però- ci si può domandare perché non si possa *progettare un futuro senza servilismo*, magari pagando di persona. I giorni scorsi, ad esempio, ho citato Mandela, e del fatto che abbia dovuto pagare con il carcere il diritto di esporre le proprie idee. Quindi succede "a" oppure "b" -> perché ci sono persone disposte a vivere la loro vita con dignità o da servi. Ma la civiltà occidentale, proviamo a ricordarlo, nacque dalla fusione della cultura greco-romana con la cultura sviluppatasi tra il Tigri e l'Eufrate. Da lì nacque: -il linguaggio -sapere contare (l'astrazione, la teoria dei modelli) -il concetto di legislazione -il concetto di religione non in modo servile (che invece era presente nei culti pagani, in cui si "immolava" all'ira del dio vittime anche umane) L'occidente -del mondo- insegnò -> al mondo cosa era un *pensiero libero* e verificabile da tutti: la scienza. Ma la scienza e la tecnica non possono essere lasciate a se stesse. Ti ringrazio quindi di questa occasione di avere potuto riflettere -insieme- sulle ragioni che ci possono consentire di un vivere sociale non basato sul solo aspetto animale del potere: il principio di autorità. Derogare alla "legge della jungla" consente di accorgersi: -dei poveri -dei malati -dei sofferenti di mente -degli emarginati socialmente -degli ultimi Non è da creare dei lager in cui metterli. Non è da fare dei centri di raccolta per quelli che -disperati- sbarcano sulle coste dell'Europa o degli USA (dell'occidente) in cerca di una speranza. E' da interrogarsi del perché ci debbano essere dei disperati affinché vi sia la possibilità di sfruttare delle persone sotto la dignità umana di avere il diritto alle necessità primarie: l'acqua, il cibo, la casa, le relazioni sociali, affettive, l'espressione sia che sia lavorativa che intellettuale. Quando si è accettata la Cina nel mercato mondiale, senza i vecchi balzelli che frenavano gli scambi commerciali si è fatta una scelta. La scelta di dire che "i diritti umani" non erano prioritari -> sul commercio. Che il denaro (comunque ottenuto) era sopra la dignità umana. Ora la ditta Italia sta per chiudere i battenti -> perché le aziende si stanno spostando dove NON ci sia il diritto di parola e le libertà sindacali. Ad esempio il diritto di sciopero. E' una "riflessione psicologica", tale metodo di progettare il futuro -> che ha un futuro? Dovremmo abolire i diritti sindacali anche in Italia(?) affinché anche noi -grazie alla schiavitù- possiamo competere con le nazioni che utilizzano gli schiavi per competere? Quindi il cammino che ci attende è tutto in salita: Da un lato vi è la violenza che se non sei dell'opinione del "capo" puoi perdere il lavoro e persino il diritto di esistere, di avere cibo, acqua, relazioni umane. Dall'altro *la paura* che esprimendo le tue idee _anche alla critica legittima di tutti_ tu possa non avere una seconda occasione di dire come la pensi. Ma noi siamo l'occidente del mondo. Il livello intellettuale che abbiamo portato a popolazioni che non sapevano ancora né leggere e né scrivere -> quando in occidente si studiava da millenni la filosofia e l'equilibrio della mente -> non ha paragoni in nessuna altra latitudine e longitudine. Possiamo anche vivere in una botte come Diogene. Ma la nostra grandezza non è fatta né di schiere di soldati, né di denaro, ma del pensiero. Grazie dell'occasione, L