Subject: Re: "La logica può vedersi come scienza empirica" Date: Wed, 25 Feb 2009 10:04:10 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.cultura.filosofia.moderato "L" ha scritto nel messaggio: > > Per intanto sulla questione delle due logiche: > > > > Non esistono due logiche perché violerebbe -una delle due- il PDNC. > > > > Sul fatto che la meccanica quantistica avrebbe una "logica non > > classica": > > > > E' il modello che può avere una interpretazione da specificare su che si > > basi. > > > > Poiché la logica -su che si basi- lo ha già: il PDNC. > > > > Si potrebbe argomentare: > > > > Ma un evento non necessariamente è vero o falso. > > > > Potremmo avere che è indeterminato, o ignoto, quindi una logica a tre > > valori. > > > > Risposta: > > > > In base a questa impostazione il risultato di un evento -apparentemente- > > potrebbe essere non solo a 3 valori, ma ad n valori anche se avessimo > > solo il lancio di una moneta. Loris Dalla Rosa wrote: > Posso intromettermi a questo punto per qualche considerazione? E' sempre un onore e un piacere, caro Loris. Loris: > Se vuoi sostenere che una logica ad n-valori non puo' essere in > contraddizione con la logica > classica, sono d'accordo con te. E ciò rende onore alla evidenza della Logica=logica classica. E' da dimostrare che vi possano essere "logiche non classiche" che rispettino la Logica. Loris: > Se, p.e., consideriamo una logica a 3 > valori (tipo quella proposta da Lukasiewicz) in cui essi sono "0", "1/2", > "1", il valore di verita' di una asserzione P puo' ovviamente essere uno dei > 3 valori, violando il principio del terzo escluso. Non salterei questo passaggio. NON esistono "logiche a tre valori". O meglio esistono "modelli a tre valori di interpretazione di un evento dopo la misura", ma non sono nomabili come rispettanti la Logica. O meglio ancora se si parla di "logiche non classiche" a n-valori con n=/=2 -> allora -> deve essere noto che non rispettano la Logica, tali modelli, perché sono modelli, non sono logiche alternative alla Logica. Ci si potrebbe chiedere: Ma, allora, ammesso che li vogliamo chiamare "modelli a n-valori di stima del risultato di una misura", in base a che "logica" li interpretiamo? Banale: se siamo interni alla scienza -> li interpretiamo -tali e ogni altro modello- in base alla Logica, chi altri? : - ) Quindi si possono impostare altri modelli o apparati gnoseologici, o epistemologici, o epistematici, ma non avverrà dialogo con trasferimento di quantità di informazione se l'ultimo test non sarà deterministico. Supponiamo di introdurre un test probabilistico, ossia una % di verità o di falsità sarà misurato e se supera una soglia si deciderà se è vero o falso quanto è stato affermato dalla misura. Si può fare. Ma ciò non significa che si è rinunciato a stimare il valore estratto. Se si negasse il metodo di confrontare ciò che è estratto dalla misura di un evento con una valutazione rispetto ad un riferimento sarebbe come dire .. ... come dire che -sulla base di un modello probabilistico- Heisenberg *ha ragione di affermare* che la misura sulle particelle subatomiche *è certo* che non potrà essere di una precisione maggiore. Oppure: Sarebbe come l'affermazione che "in base a un modello relativistico -su una base di dati quindi finita- possiamo dirci certi che Dio non esiste". Un evidente delirio di omnipotenza consistente con il pronunciarci *in modo certo* su concetti che sono _fuori dalla possibilità dei modelli_ (sopra indicati) di dare risposte attendibili. Una nota ancora: La scienza si interessa di progettazione, almeno nel design e nell'ingegneria. Supponiamo che un ingegnere valuti che modelli utilizzare per la costruzione di un ponte. Il principio di responsabilità di operare in "scienza e coscienza" dice che il modello -sebbene anche probabilistico- deve prevedere che la progettazione sappia pronunciarsi su quali parametri mettono a rischio il manufatto realizzato. Ad esempio la massima scossa tellurica sopportabile, o la massima forza del vento, o il massimo peso che la struttura può sopportare, etc. Anche disponendo di basi di dati di approccio statistico/probabilistico, pur acquisite valutando se i singoli casi era occorsi oppure no, le medie disponibili, ad esempio quante volte sono crollati ponti con un peso x, devono essere valutate sopra o sotto un valore previsto come esplicito e considerato limite, di discrimine tra la condizione "sì sì, oppure, no no". Quindi i modelli sono le ricette di cucina specifiche del cuoco. Ma la interpretazione se la ricetta è portabile in sala deve prevedere un criterio che è sopra e oltre i singoli modelli: ad esempio "se la ricetta non è stata assolta con un errore entro il 5%" -> allora -> non va portata in sala. Non è che la ricetta va *circa* in sala. O va in sala, o non va in sala. E ciò lo deve dire la scienza su un documento detto progetto scientifico, altrimenti ci si chiede se il cuoco è incazzato o ha battuto la testa. Ecco perché, dopo che è cascato un ponte, si va a vedere cosa diceva il progetto che ha obbligo di legge di essere depositato presso l'ufficio urbanistica del comune di riferimento all'opera. I fisici, o i filosofi, invece, sono un po' più naif .. nel senso che esplorano modelli per descrive situazioni magari apparentemente illogiche, come -secondo alcuni- sono le situazioni delle particelle subatomiche. Ma in base a che sarebbe valutabile un modello? Supponiamo che si dica: "Non so perché dei fotoni all'uscita di un prisma in una certa percentuale vada a destra e in una certa altra percentuale vada a sinistra". E arrivi quello che dice: Bene, è così .. -secondo me- .. perché a livello subatomico la materia si comporta senza il principio di causa ed effetto, ma in modo aleatorio, ossia a cazzo di cane, senza una connessione tra una configurazione e lo stato successivo a una configurazione precedente. Nessuno dirà al fisico -o chi per lui- che è pazzo. Dirà semplicemente di dimostrare come si usa il suo modello e a cosa serva. Perché gli scienziati non è che si facciano impressionare tanto facilmente, sono persone pratiche. : - ) Allora quello ti dice: Ma come! .. non vedi che funzionano meglio i modelli probabilistici? .. non è forse questo un segnale che solo ammettendo che non c'è una connessione certa tra causa ed effetto -> ciò significa che -> la Logica è un concetto superato? Lo scienziato ribatte: In base a cosa valuti se nel tuo modello funziona? In base alla misura? Hai introdotto dei parametri di tolleranza per considerare normalizzabili i valori? Ebbene, forse non lo sai, ma stai usando la Logica, pur trascurando le cause che siano responsabili dell'estrazione dei valori misurati. Se non ti sai esprimere sulle cause degli eventi che misuri .. NON puoi fare il "salto logico" che poiché _tu_ non ti esprimi su tali cause -> allora -> le cause si può escludere che esistano, o concludere che NON esistono. Quindi la Logica è un metodo. Un metodo talmente profondo -in una esposizione interna alla scienza- che copre anche la statistica e la teoria della probabilità e la teoria dei modelli, in generale tutto ciò che possa dirsi scientifico. Fuori della logica c'è apparentemente solo la follia, ma si potrebbe facilmente dimostrare che anche la follia sembra poter recidere il legame di causa ed effetto eppure non riesce a farlo, *ma ne è solo ignara*. Scusa l'ampio escursus, ma dovremmo intenderci sulle ipotesi di fondazione, altrimenti ognuno conclude in base a presupposti che non erano concordati quali fossero. > Ma se consideriamo l'asserzione P' che ha per oggetto P, il suo valore di > verita' puo' essere solo "0" o "1", pena l'inconsistenza di tale logica > trivalente. > Un esempio, cercando il massimo di chiarezza. Assumendo una convenzione > assai semplificata rispetto a quella del condizionale di Lukasiewicz > (altrimenti l'esempio rischia di essere piu' complicato di quanto vuole > esemplificare), conveniamo che P="la maglia della Juventus e' nera" ha > valore 1 se effettivamente e' nera, ha valore 0 se invece e' bianca, valore > 1/2 se e' bianco-nera (considerando dunque "bianco-nero" intermedio tra gli > estremi "bianco" e "nero"). Convenendo che tra il valore > "1", assumibile da P, e il valore "0" di ~P sia possibile un valore > inermedio "1/2", e' chiaro che abbiamo rinunciato al principio del terzo > escluso proprio della logica classica. Ma se ci chiediamo se P' ha uno dei > qualsiasi valori ammessi dalla logica (cioe' se ci chiediamo <<"la maglia > della Juventus e' bianco-nera" ha valore 0?>>, o <<"la maglia della Juventus > e' bianco-nera" ha valore 1/2?>>, come pure <<"la maglia della Juventus e' > bianco-nera" ha valore 1?>>) la risposta puo' essere solo "0" o "1"; vale a > dire: la risposta e' logicamente coerente se e solo se e' valido il > principio del terzo escluso, a livello di P', immediatamente superiore a > quello di P. Infatti, se la violazione di tale principio fosse assunta > incondizionatamente, tra "0" e "1/2" (come tra "1/2" e "1") sarebbe > ammissibile un'infinita' di valori intermedi: 0, 1/2, 1/4, 1/8,..., 1/(2^n). > Ma ammettiamo pure la possibilita' di questa logica ad infiniti valori. Se > ne mostra la inconsistenza, considerando un qualsiasi asserto A e i suoi > infiniti valori tra gli estremi "0" e "1" che tale logica ammette. Per > qualsiasi valore x (tra "0" e "1") assumibile da A, chiedendoci se x e' un > valore assumibile da A, possiamo rispondere, contraddittoriamente, sia in > modo affermativo che negativo, dato che, in violazione incondizionata del > principio del terzo escluso, tra x e ~x esiste sempre, tra gli infiniti > valori che tale logica ammette, un valore ~(~x) che non e' ne' x ne' ~x. > Discorso fondamentalmente analogo ma molto piu' complesso (e certamente > molto "combattuto" con un eventuale sostenitore del dialeteismo:-)) andrebbe > fatto per il principio di non-contraddizione. Esistono > logiche paraconsistenti che violano il pdnc, ma solo "localmente", cioe' non > incondizionatamente, essendo il pdnc quel "fondamento piu' saldo" sul quale > esse stesse possono sperare di essere significanti qualcosa di sensato. > Concludo qui, lasciando a un eventuale dialeteista l'occasione e l'onere di > confutare quest'ultima mia affermazione. > Quanto al titolo del thread..., beh, mi unisco nella richiesta a Enrico > Smargiassi di chiarire bene cosa intende sostenere (se vorra' farlo in > questo NG). Detto cosi'... piu' che altro mi suona come uno scherzo di > questo carnevale ormai concluso:-) > Un saluto, > Loris Penso di avere argomentato sugli interrogativi e sulle asserzioni che presenti, caro Loris, nel precedente frammento del mio intervento. Io, per evitare equivoci, parlerei di ammissibilità di strategie epistemologiche con modelli di valutazione delle basi di dati tramite protocolli comunque pronunciantesi (e soggette -nella interpretazione/valutazione- alla Logica). Ciò *non* andrebbe commistionato con il fatto che siano ammissibili -in ambito scientifico- più "logiche" (perché -ciò- non è vero, oppure si deve concordare chela parola "logica" -se assume il plurale- non sta a significare "logica di altro tipo a Logica", ma modelli epistemo-logici, a valle e non a monte della Logica). Sarebbe da fondare una nuova teoria gnoseologica -se si volesse esplorare uno strumento teoricamente più potente della Logica- dimostrando (e spiegando quali siano i canoni su cui si basa la dimostrazione) che vi è uno strumento più potente della Logica per valutare i modelli. In mancanza di ciò -sia noto- che la scienza si fonda su un solo tipo di Logica, e la Logica si fonda sul PDNC. Saluti, è sempre un piacere discutere -per me- di tali argomenti con un ambito arricchito dal vostro esame, L