Subject: Re: De nomines daemonum Date: Wed, 10 Sep 2008 07:54:18 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia Massimo Soricetti wrote: > > Si dice che per evocare un demone, o per esorcizzarlo, > è necessario conoscerne il nome. > > In una certa misura questo è vero anche per una malattia > o un disagio, fisico o psicologico: sapere che cos'hai > toglie il tuo dolore dal regno delle impressioni soggettive > e "lo rende reale", in un certo senso: sai che hai qualcosa, > sai che devi curarti e che c'è qualcosa da fare per stare > meglio (paradossalmente anche quando stare meglio non si può). > > Anzi, per un problema psichico, che giocoforza è completamente > "non tangibile", questo "effetto terapeutico della diagnosi" > dovrebbe essere ancora più forte... ma lo è davvero sempre? Se > il paziente non volesse nemmeno sentir parlare della sua malattia, > se non avesse il coraggio di affrontare i propri demoni, dirgli > che cos'ha sarebbe davvero la strada migliore per aiutarlo? > > Ma è poi davvero tutto qui? La scelta di comunicare una diagnosi > durante un colloquio psicologico dipende solo dalla volontà > del paziente o c'è altro da considerare (credo di sì)? > > P.S. > Vi è mai capitato (a chi fa lo psicologo in primis, ma nel loro > piccolo anche a tutti gli altri) di sbagliare la mira, cioè dire a > qualcuno la verità (su di lui, oppure su una questione scomoda che lo > riguardava) e di vederlo *inaspettatamente* chiudersi a riccio, o > reagire in malo modo? > > Nel dubbio, come vi regolate? Cioè se avete qualcosa da dire che > secondo voi l'altro farebbe bene a conoscere ma non sapete come > l'altro la prenderà, in base a che criterio decidete se parlare > chiaro o fare gli gnorri e sperare che prima o poi veda la luce?? Introdici, caro Massimo, il tema della nominalistica e -specificamente- in merito alla cosidetta tassonomia delle patologie. Il tema è sterminato, poiché investe sia il tema della nominalista in generale, sia l'ancor più vasto tema della fenomenologia come capacità di descrivere degli eventi del reale -> tramite una collezione di dati limitati e esterni, manifesti, al fenomeno stesso, in quanto rilevati. Difatti, in genere, la maggior parte dei dati -di un evento- non sono rilevati e -quindi- ne sorge il problema delle approssimazioni nella valutazione. Ecco perché -anche nella fisica- si parla -ad esempio- di "teoria della relatività" e non di certezze, ma di teoria, appunto. Nel termine "teoria" c'è proprio il concetto di stereotipizzazione, ossia di modello di descrizione. Una descrizione sarà allora vera tanto quanto la teoria ha categorizzato gli elementi ponderalmente più rilevanti. Detto ciò vengo subito alle implicazioni psicologiche sulla teoria della conoscenza e sulla capacità di suggestione del dare un nome a degli eventi: a) Il fatto che un terapeuta conosca il nome di un qualcosa che ci sembra anomalo -> ci rassicura -> ci induce a pensare che saprà anche la soluzione del come si possa porvi rimedio. b) Il fatto di conoscere il nome dato al fenomeno -però- non sempre è associato all'esistere di soluzioni: si pensi al fatto che per rassicurare la popolazione si da un nome a tornado, ma poi non è che si possano fermare nella loro capacità di devastazione. c) Nello specifico psicologico si conosce -oggi- abbastanza delle varie forme di disturbi della psiche e -quindi- possiamo ragionevolmente supporre che se il terapeuta è aggiornato saprà anche dirci cosa intende fare oltre che dare un nome all'evento che sta esaminando. d) A scanso di equivoci è consigliabile sempre interpellare almeno due soggetti (terapeuti) per vedere se dicono quasi le stesse cose, e, se così non fosse -> estendere la ricerca finché il delta di scostamento tra i vari pareri sia centrato su un valor medio -> detto anche -in statistica- "valore atteso". Ecco, a me pare, che se tu devi acquistare qualcosa, anche fosse solo un kg di pere, magari chiedi più di un prezzo al mercato. Confronti la qualità delle pere, il prezzo che ti chiedono. Se le pere sono simili e i prezzi pure, puoi regolarti come l'accelleratore di particelle che accendono oggi a Ginevra: la maggior parte dei fisici dicono che -nonostante i micro-buchi-neri- il fenomeno è ragionevolmente interno a ciò che ci si aspetta. Lo accendiamo? (direbbe Gerry Scotty) E' la sua risposta definitiva? Ok, lo accendiamo (speriamo bene) .. : - ) Ciao, L