Subject: L'ideologia "Nichilismo omosessuale" Date: Wed, 12 Nov 2008 08:28:14 GMT From: "Solania" Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.cultura.filosofia Qualcuno, bontà sua, è in grado di spiegarmi checcazzo è il freudiano, lascia pur dire a st'altro "fuso", "codice edipico" oltre a checcazzo significa il neologismo pazzoide "eu-angelico" che io "non ce la faccio a farcela" ? Leggetevi stà' Leonetta e sto' Sala da Repubblica !! INTERVISTA A RENÉ GIRARD: LA FAMIGLIA FRA ANTROPOLOGIA E RELIGIONE. MA CHI LA SALVERÀ DAI NUOVI NICHILISMI Con un commento di Federico La Sala di Leonetta BENTIVOGLIO (La Repubblica,16.09.2005) * L'orizzonte teorico di René Girard si fa sempre più buio e le sue risposte si fanno sempre più acritiche e tradizionaliste, rischiando così di togliere valore a quanto di prezioso ha pure messo in luce, relativamente alla comprensione della violenza e del sacro, delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, e di tutto il resto!!! Che il suo sguardo teorico l'abbia portato sempre più a coincidere con quello della gerarchia cattolica e a rispondere ai problemi attuali (famiglia, coppie di fatto, sessualità, guerra...) allo stesso modo, mostra i limiti gravissimi e la non tenuta della sua stessa proposta teorica. E non è un caso che la cecità appare totale proprio sulla questione delle coppie di fatto, della famiglia e della sessualità!!! Non avendo accolto né compreso la portata della lezione di Freud sul "codice edipico" gli ha ridotto sempre più la visibilità sulla dimensione antropologica del messaggio eu-angelico ed è andato ...ad accrescere solo le pagine del "codice vaticano"!!! Oggi, per capire di più qualcosa della "decadenza che stiamo vivendo", è meglio... leggersi il "Codice da Vinci"!!! Federico La Sala «La famiglia, nel senso più istituzionale del termine, rappresenta il cemento della società: è pericoloso incrinarne la forza tramite la concessione di una serie di diritti alle coppie di fatto senza discriminazioni di sesso, quindi anche agli omosessuali. Alcuni arrangiamenti giuridici sono possibili per garantirli e difenderli, soprattutto per quanto riguarda la condivisione del patrimonio. Ma non si può pensare a unioni legalmente riconosciute. Introdurle giuridicamente equivale a negare, con effetti perniciosi, migliaia di anni di esperienza storica e sociale». Il filosofo francese René Girard non sente ragioni: il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto è inaccettabile. Convinzione prevedibile da parte di un pensatore che della fede cattolica ha fatto un cardine irrinunciabile del proprio sguardo al mondo. Ma siccome Girard è un cattolico sui generis, spregiudicato e spiazzante nel respiro trasversale dei suoi testi, ha opinioni che sanno eludere spesso il conformismo per aprire squarci originali. Come nel caso dell'idea più coltivata dai suoi saggi: l'unicità del messaggio cristiano grazie alla sua capacità di contrapporsi, decretando l'innocenza della vittima, al meccanismo centrale del capro espiatorio, dominante in molte civiltà. Nato in Francia nel 1923, e trasferitosi negli anni Sessanta in America (dove ha insegnato a lungo all'Università di Standford, in California), Girard in Italia è stato pubblicato soprattutto da Adelphi. I suoi libri più noti sono La violenza e il sacro, Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, Il capro espiatorio, L'antica via degli empi, Shakepeare. Il teatro dell'invidia e Vedo Satana cadere come la folgore. Per Raffaello Cortina è uscito l'anno scorso Origine della cultura e fine della storia, ancora un saggio sul rifiuto della sacralizzazione della violenza da parte del cristianesimo (proclamando il valore dell'innocenza, offrendo l'altra guancia) come fondamento della civiltà occidentale. Ora, nel dibattito sui «diritti negati», Girard invoca un approccio «estraneo a prospettive di fede religiosa, in nome della visione del matrimonio come istituzione universale, antichissima e fondante. Per questo non si possono mettere sullo stesso piano altri tipi di unione». Pensa che il matrimonio istituzionale sia una vera e propria necessità antropologica? «Esatto. Sempre e ovunque, anche nelle società primitive, ci sono state regolamentazioni di parentele e legami coniugali. Anche nelle forme più elementari del vivere sociale sono esistiti sia il diritto e il dovere di sposarsi, sia individui esclusi da questo diritto e dovere. Il matrimonio equivale a una normativa dei rapporti interpersonali che corrisponde all'essenziale della società. Ci sono stati luoghi e civiltà dove l'omosessualità è stata ben tollerata, ma che io sappia mai, in nessuna società, è stata messa sullo stesso piano giuridico della famiglia. È chiaro che bisogna facilitare le cose alle persone non sposate, etero o omosessuali, che nell'assenza di un patto ufficiale patiscono problemi concreti, innanzitutto finanziari ed ereditari. Ma non si può utilizzare lo stesso termine per i matrimoni in senso tradizionale e per le unioni che non lo sono». Si ammette una realtà di fatto senza darle forma giuridica. Non le sembra un'ipocrisia? «No. Ovviamente non ho nulla contro gli omosessuali, ma sono convinto che una coppia non eterosessuale non abbia il diritto di guidare una famiglia. Concederlo vuol dire mettere a rischio l'avvenire e l'impianto della società, dove la riproduzione biologica va regolamentata da leggi parentali. Ci sono omosessuali che educherebbero benissimo dei figli, ma riconoscere questa possibilità avrebbe un'influenza radicalmente negativa sullo sviluppo sociale. Reclamare il diritto di avere dei bambini, per gli omosessuali, significa chiedere allo Stato di trasformare, più di quanto non sia mai accaduto, l'omosessualità in un'ideologia, con l'esito di una prospettiva nichilista e disgregante. Sono molti, attualmente, gli omosessuali che vogliono attribuire a tutta la società una connotazione omosessuale. Ma mi chiedo perché nessuno dà voce a quegli omosessuali, per fortuna numerosi, contrari a tale ideologizzazione. Ricordo che tempo fa, per condannare questa tendenza, si stabiliva un'analogia con l'Impero Romano, dove l'omosessualità si è sviluppata parallelamente alla decadenza della civiltà. Perché oggi non si cita più quest'esempio?» Crede che anche la nostra civiltà sia in declino? «Purtroppo sì. Nelle civiltà, sul piano antropologico, ci può essere una decadenza necessaria, che è quella delle società arcaiche fondate su religioni primitive. Questo è anche il tipo di decadenza che ha contato nella caduta dell'Impero Romano. Poi c'è la decadenza che stiamo vivendo oggi, equivalente a uno sviluppo considerevole della sessualità senza limiti e al dilagare delle guerre. Lo so, le guerre ci sono sempre state. Ma nel mondo odierno sono diventate più terribili e capillari nei loro strumenti, compromettendo l'avvenire stesso dell'umanità, proprio come l'ammissione ufficiale di una famiglia che comprometta la riproduzione della specie». Dopo l'approvazione in Spagna della legge equiparante i matrimoni tra gay a quelli tra uomo e donna, il dibattito europeo è intensissimo su questo tema. E negli Stati Uniti? «È all'ordine del giorno, ancora più sentito di quello sulla guerra in Iraq. E anzi è proprio su temi del genere che Bush è stato rieletto, non certo sulla guerra. Di recente è stata approvata in Canada una legge simile a quella spagnola, notizia scioccante per molti americani. D'altra parte solo pochi giorni fa Bush ha scelto John Roberts come candidato alla successione della presidenza della Corte Suprema, la più alta istanza giudiziaria americana, col compito di esprimersi su questioni come l'aborto e la pena di morte. La scelta dev'essere confermata dal Senato, ma passerà, visto che i repubblicani hanno la maggioranza. Non solo Roberts è molto conservatore, ma sarà anche il primo presidente cattolico della Corte Suprema dopo più di ottant'anni. Di certo non è un riformista. Inoltre ha solo cinquant'anni, e visto che ricoprirà la carica a vita, la sua nomina segnerà una linea conservatrice per molto tempo». Vuol dire che il paese sarà sempre più diviso su questi temi? «Sì, come l'Europa. Solo che qui in America ci sono i cosiddetti fondamentalisti: una cinquantina di milioni su una popolazione di trecento milioni. È molto, certo, ma non abbastanza. Sul versante opposto ce ne sono altrettanti o anche di più. Il fondamentalismo è un fenomeno legato al protestantesimo, ed è tipicamente americano. In Francia, a volte, si parla di fondamentalisti a proposito degli integralisti di Monsignor Lefèvre, ma a mio parere è un paragone senza interesse. Ci sono delle chiese, negli Stati Uniti, dove non si ha neppure il diritto di menzionare Dio. Poi c'è il caso eclatante di un vescovo episcopale come Gene Robinson, sposato con due figlie e separato dalla moglie, apertamente gay e ora convivente con il suo compagno, eletto due anni fa dai fedeli del New England e confermato dalla comunità anglicana. Faccenda spinosa per la chiesa espiscopale, con minacce di scissione da parte dei leader delle Chiese africane, visto che la maggioranza degli episcopalisti sono neri dell'Africa centrale evangelizzati dagli inglesi. Insomma queste chiese, oggi, sono molto più in crisi e divise al loro interno della chiesa cattolica. E la forza attuale dei fondamentalismi arriva proprio da queste lacerazioni. In America le persone che si oppongono ai matrimoni omosessuali sono da una parte i cattolici e dall'altra i protestanti duri, cioè proprio i più anticattolici tra i protestanti. Con l'effetto di un avvicinamento curioso e di un'evoluzione complessa della società americana, di cui in Europa non ci si rende conto».