Subject: Re: Matematici e Pazzia Date: Sun, 14 Sep 2008 13:15:23 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia Massimo Soricetti wrote: > > Albert0 ha scritto: > > Se Nash fosse stato un chimico, è improbabile che scoprisse qualcosa > > di importante prima dell'esordio della malattia, > > dopo non ha più prodotto -> non lo conoscerebbe nessuno. > > C'è anche da dire che la matematica, come l'ingegneria, è una di quelle > discipline che caratterizzano un modo di essere... non "si fa" il > matematico o l'ingegnere, "si è" matematici o ingegneri :-) > > Hm hm, questo è un bello spunto di riflessione psicologica: in che modo > la mente di un ingegnere o quella di un matematico è diversa da quelle > dei normali esseri umani, e come mai diventa diversa (perchè da piccolo, > nella maggior parte dei casi, non era così)? > > Non sto scherzando: IMHO queste due categorie si rapportano con il mondo > in un modo tutto particolare... sono due categorie che fanno della > deformazione professionale uno strumento di lavoro. Ci sono innumerevoli > barzellette e aneddoti a dimostrazione di ciò. Essendomi interessato di matematica e di ingegneria vengo a dire la mia opinione sul tema: NON è la matematica o l'ingegneria -e si potrebbe dire lo stesso per la fisica o altre discipline scientifiche- a mettere a rischio la stabilità mentale. A mettere a rischio prevalentemente una serie di altri fattori, cito quelli più importanti: 1) Il metodo didattico (nell'apprendimento) 2) La sensibilità del soggetto in questione Prendiamo il caso di Cantor e mettiamolo a confronto con Nietzsche. Cantor era credente, Nice ateo. La religione -quindi- non fa la differenza. Il fattore scatenante è il metodo con cui ci si confronta con problemi ai limiti dell'eureka, ma anche con la ricerca di senso da dare alla propria vita. Per alcuni si ha il diritto di esistere perché si è detto qualcosa che giustifica avere avuto la possibilità di distinguersi dalla massa. Pur di fare ciò si è disposti a rischiare la propria stabilità mentale, avventurandosi -come apprendisti stregoni- in territori che ci sono ignoti, quindi senza un metodo. Devo ammettere che la mia passione per la psicologia temevo, verso i 18 anni, che mi potesse portare allo squilibrio mentale. Infatti ero intenzionato ad investigare i confini della mente -se ve ne fossero- fino -ad esempio- dare delle risposte ai dogmi delle religioni. Per me -in definitiva- la scelta di studiare ingegneria non fu un desiderio di astrazione, ma un desiderio di razio, di imparare a costruire dei modelli di rappresentazione di ciò che -nella mente- originariamente è informale ed astratto. Per questo dico che si può arrivare alla follia -come equilibrio involontariamente innescato- per una mancanza di metodo. Perché la cosiddetta "devianza mentale" potrebbe essere semplicemente un rifugiarsi a "staccare la spina" con lo stato coscienziale, che è anche -a volte- dolore, dolore del sapere, e non avere speranza di poter far sì che sia osservabile il reale, ma solo un orrore inguardabile. E qui arriva -quindi- il secondo punto che ho citato: la sensibilità del soggetto che studia. Il nostro destino non è scritto, ma lo scriviamo noi, ciascuno di noi. Io ho cercato di costruirmi un modo di rappresentare il reale -> anche dentro il dominio della ripetibilità, ossia della scienza. Anche la scienza, oggi lo posso dire -dall'esterno- è vissuta come una mitologia. E' così perché chi non la usa e ne conosce i metodi -> pensa che sia senza possibilità di errore. Quindi -da tale punto di vista- un altro sistema dogmatico. Ma -in fondo- è -la scienza- solo un sistema linguistico. Un linguaggio, quello scientifico, che -per essere tale- deve sapere guardarsi allo specchio e saper affermare dei concetti non per principio di autorità, ma per riscontri che possono risultare a tutti, magari ammettendo che ci possa essere una fluttuazione attorno a un valor medio. Ma torniamo ai due personaggi: Cantor pretese di trattare le collezioni di dati infiniti come si trattano collezioni di oggetti finiti e ciò lo destabilizzò. Nice pretese di trattare collezioni di oggetti infiniti (Dio, poiché non vi potrebbe essere alcun che fuori di Dio, in ipotesi che esista: pena la perdita di completezza di Dio) come si trattano gli umani e ciò lo destabilizzò. Non sarebbe quindi da sottovalutare -nella didattica- *il come* si affrontano le questioni, né la indole dei soggetti (la *sensibilità*) -in specie i bambini- a cui si parla. Saluti, L