Subject: Re: discussioni Date: Sun, 17 Feb 2008 08:51:18 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia "L'Ape M@rc" wrote: > Oltre il problema posto da 'proprioio' vorrei aggiungere una mia > impressione e mi piacerebbe si, sapere come e' piu' giusto comportarsi > al di la di cercare raggione, poter dire la sua anche con schiettezza... > che in alcuni casi si rivela impossibile. > > Forse un componente di questo atteggiamento e' "La paura" > > A volte, in queste occasioni mi trovo a sudar freddo perche la persona > con cui cerco di comunicare si chiude, non ascolta, reagisce di brutto > opponedo una resistenza ad ascoltare o rifiuto a voler capire, tutto > quello che si puo' dire viene tradotto subito negativamente come > aggressione, come a volerlo/a sminuire, sconfiggere, squalificare, > distruggere anche (Non e' immaginario, lo dichiara anche), con l'idea > che lo/a si voglia convincere a qualcosa che rifiuta, che vuole oppersi, > come un attacco personale. Scatta immediatamente una auto difesa e non > c'é verso di rimuovere questo muro, cercare di spiegare, ribadire un > concetto qualsiasi, anche fosse solo di politica, neutrale, scatta > questa quasi morbosita' di spuntarla a tutti i costi anche se si fanno > solo delle ipotesi o solo impressione su qualcosa... si impone in modo > duro come se gli stesse facendo violenza personale e si incavola perche > lui/lei ha raggione e si cerca di farlo/a passare per matto... > > Se poi capita che si parla in gruppo e ognuno racconta la sua opinione, > scatta come un fulmine quando da quella unica persona arriva un commento > che gli pare fatto a posta, mirato, con secondi fini (prevenuti) contro > di lui, sempre come una minaccia, come per zittirlo quando magari sta > accadendo l''esatto contrario. > > Ecco... mi piacerebbe saperne di piu' considerando comunque che la > persona di cui traggo esempio e' parecchio malato e rifiuta aiuti > esterni.. spaventato... Io ti dico il mio metodo, poi valuta tu se ci vedi qualcosa di interessante: Il mio metodo è la maieutica di Socrate. Secondo Socrate gli umani non sono in grado di conoscere la verità, ossia la verità assoluta, quella purissima, quella che non sarà mai ulteriormente perfezionata. Eppure, come direbbe Diogene, cercano. Sembra un atto irrazionale se non dispongono di un metodo. Anche nel 3d in cui Muzio poneva delle critiche allo studio della psiche si facevano delle critiche di metodo. Si diceva che il metodo (della psicoanalisi) non era -in specie- scientifico. Socrate è tra i pochi che forniscono un metodo propriamente scientifico nel dialogo. I canoni -sinteticamente- sono i seguenti: 1) Ciascun interlocutore non conosce la verità (quella assoluta). 2) Non esiste solo la verità assoluta, quella unica per tutti, poiché la verità dipende (quella quindi relativa) dalla quantità di informazione di cui si dispone (singolarmente). 3) L'uomo può accedere alla verità che gli risulta (quindi relativa), ma non una volta per tutte, ma in dipendenza da quanto e come ha cercato (la scienza dice: "in dipendenza della base di dati a cui si accede, o funzione di stato). 4) Nel dialogo si può aiutare un altro a partorire (da cui maieutica) una verità (relativa, quella che lo stesso interlocutore scopre di suo, grazie alle domande di contraddittorio). Raccordandoci alle ultime scoperte della neuropsicologia cognitiva arriviamo allora al concetto di meta-rappresentazione, ossia della rappresentazione che ciascuno si fa di un altra psiche che non sia la sua. Detto in altro modo è la dinamica detta della flessibilità mentale, o capacità di mettersi nei panni degli altri. Frith in un suo testo di neuropsicologia cognitiva della schizofrenia dice che è un parametro certo (la perdita della flessibilità mentale) dell'avanzamento della malattia della dissociazione mentale (schizofrenia). Una persona che non si riesca a calare nei panni di un altro infatti perde capacità di interpretazione sul reale, non capisce l'umorismo e l'ironia e gradualmente perde percezione persino delle proprie sensazioni anche fisiche ed infine può arrivare a considerare il delirio e l'allucinazione come una stato ordinario. In conclusione, dopo questi brevi cenni, consiglierei di non avere paura della paura. La paura, di suo, è uno stato "ben formato" -> in quanto "se è motivato" ci aiuta a vivere con la autocoscienza che sarebbe meglio non andarsi a infilare dentro situazioni di rischio. Situazioni di rischio -naturalmente- possono anche essere interne ad un dialogo a causa della irascibilità o instabilità dell'interlocutore. Quindi è da estrapolare che effetto produrrà -ragionevolmente- in un interlocutore una nostra domanda o provocazione. Per questa ragione affermavo che con un "amico" si può avere un confronto non tattico e guardingo, ma schietto. Perché l'*amico* sa che il nostro dire è al solo fine di aiutare e non c'è malanimo nel nostro fare. La stima reciproca -inoltre- può far sì che siamo noi a doverci ricredere se ci vengono fatte delle correzioni fondate! : - ) Inoltre l'uomo è un "animale sociale" che normalmente trae serenità da uno stato di relazione, quindi beneficia del dialogo e dei rapporti con altri della sua specie e anche con altre specie viventi (si pensi agli handycappati che fanno ippoterapia, ossia che sentono beneficio a farsi portare in giro da un cavallo, anche nell'autismo). Grazie dell'occasione, L