Subject: Re: La mia storia [lunghetto] Date: Fri, 18 Jul 2008 16:46:43 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia Snape wrote: [...] Devo innanzitutto ringraziare la moderazione. La ringrazio perché sebbene il porgere la questione -per Snape- fosse molto personale, stesso il fatto che l'autore abbia avuto la possibilità di parlare con qualcuno, gli ha consentito di "bucare il suo guscio", che ciò è possibile, che non c'è nulla di cui temere nel farlo. Poi veniamo ai temi sollevati: Naturalmente non è possibile trattarli ad personam, quindi li esamino in generale. ============================================================= 1) Sulla questione di come si possa rispondere alla violenza: ============================================================= A mio parere si può rispondere alla violenza con l'intelligenza. Quindi va anche bene mettersi a studiare, ma non si deve commettere mai l'errore di isolarsi. Non ci si può isolare perché siamo "animali sociali". Ossia l'equilibrio del singolo si basa sullo stato di relazione con gli altri. Anche gli stessi Ngs non sono zero. Gradualmente bisogna verificare se parlarsi possa essere utile e come. ============================================================= 2) Sulla questione se il problema sia temere il mondo esterno: ============================================================= Anche nei primordi dell'umanità non è che uscire dalla caverna o dal "rifugio" in cui ci si nascondeva fosse sempre un impresa priva di rischi! Si usciva per gioco/forza. Se non si andava a rimediare o della cacciagione o delle radici, frutti, qualcosa di commestibile era la fine. Quindi si metteva in conto che era una cosa rischiosa, come del resto -anche oggi- attraversare la strada .. : - ) Ma -dopo tutto- che significato avrebbe una vita "mai vissuta"? .. non saremmo già morti? Quindi la morte non è la cosa peggiore che ci potrebbe succedere .. La cosa peggiore che ci potrebbe succedere -> è di non avere voluto provare a dire, provare a vivere. La morte sarà una cosa che capiterà ad ogni essere vivente, non è che toccata (come futuro) solo a noi singolarmente. C'è chi dice: Daccordo, ma se mi spengo io -> si spegne tutto l'universo, perché io non ci sarò più .. non è mica la stessa cosa che muore mia nonna! Se muore un amico, un parente, qualcun _altro_ potrei soffrire .. ma ho ancora possibilità di "pensare qualcosa che valga il dolore di vivere". Perché è inutile nascondersi dietro un dito: vivere ci fa conoscere anche il dolore. Ma vivere non è necessariamente dolore. Per questo l'uscita di sicurezza del suicidio è irrazionale, sostanzialmente una sfiducia che la nostra vita abbia un senso. E' irrazionale perché *non è facile* trovare un perché .. ...tanto più si è sensibili e tanto più sembra di navigare in un mare di solo dolore .. ... ***ma*** in tutto questo mare di dolore .. c'è anche la possibilità di capire .. di trovare un senso non grazie ad un regalo .. ma un coraggio indomito .. anche se ci costasse il coraggio di saper guardare tutto il dolore in cui siamo impastati. Si racconta che proprio sotto la spinta di trovare *un senso al dolore e alla morte* -> che iniziò il cammino di meditazione di Siddharta, che poi divenne il Budda, l'illuminato. Io non sono -come ispirazione- Buddista, ma è interessante notare come tale spinta alla necessità della meditazione sul senso della vita sia una necessità primaria in tutte le civiltà. Una chiosa finale: Non penso che il vero problema per cui si sviluppano gli attacchi di panico o la paura di uscire sia l'ambiente esterno. L'ambiente esterno -> è "l'immagine bersaglio", il capro espiatorio su cui addossare, materializzare, le paure che abbiamo lasciate irrisolte, imponderabili, ina-analizzate, seppellite al posto di esaminare il senso della nostra vita e della nostra morte e delle persone che amiamo. Potremo rassicurarci dicendo che il nostro problema è chiaro: è il problema di non essere più abituati ad uscire .. Ed invece è *la malattia che ci siamo scelti*, perché non abbiamo voluto sapere la verità. Saluti, L