Subject: amici immaginari/ o solitudine? Date: Fri, 21 Dec 2007 08:46:19 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia Segnalo un articolo di psicologia da repubblica: http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/scienza_e_tecnologia/amico-immaginario/amico-immaginario/amico-immaginario.html Link interno vedi: articoli giornali: 19 dic 2007 - amici immaginari - ricerca universitaria.txt ricerca di Università sul soggetto "amico immaginario", nel caso di bambini. Potrebbe essere interessante riflettere se non sia -l'amico/amici immaginari- "un esercizio di fantasia ordinario", visto che ben i 2/3 degli intervistati ammettono tali "personaggi", ma potrebbe essere che il 100% dei soggetti gestiscano in vario modo il loro alter ego (e il residuo 1/3 abbia la "capacità di alter ego", ma non la esterni, o non ne sia cosciente). Il problema è però che quando questo amico immaginario diviene una dipendenza dotata di una "autonomia", ne conseguono vari problemi di patologia: -spersonalizzazione nell'agire perché una voce aveva detto che .. -attenzione a cosa ci dice la voce che ci da i suggerimenti nei momenti in cui non si riesce a decidere .. etc. Quindi **da un lato** vi è il timore di essere classificati come schizofrenici, ossia scorrelati tra pensiero e azione, dall'altro -paradossalmente- potrebbe proprio essere "l'implicitazione delle dinamiche di alter ego" che crea una _destabilizzazione nella gestione dell'ego_ [ricacciando solo nel *non detto*(neanche a se stessi, se non come finzione), nel desiderio che non affiorino al livello coscienziale tali dinamiche presenti ordinariamente, anzi sempre, sebbene con impostazioni strategiche di molto dissimili tra persone diverse]. **Dall'altro lato** è troppo forte la impressione di esser soli e vedere che "si sta come d'autunno sugli alberi le foglie" (come dice Ungaretti), per non gestire *Wilson* (Wilson è l'amico immaginario di Tom Hanks, dal film Cast Away). Riassumendo: Secondo me, non bisognerebbe chiedere: "Lei sente le voci?" Bensì: "Che *valore di autonomia* attribuisce alle idee e alle voci che sono presenti nella sua mente?" Si potrebbe allora investigare de "il carattere e il valore positivo/negativo, catartico/psicoticizzante delle favole" e del perché sia ordinariamente considerato ben formato parlare di "fantasia" -e sviluppare la fantasia e il gioco nei bambini- e poi come ciò si trasformi (se si trasforma) nella fase adulta. Se vi va se ne può parlare, e così "buchiamo" anche del perché nella "favola del Natale" si sente più forte la solitudine come malattia ingestibile, magari sol perché i problemi precedenti sono sublimati e non guardati in faccia, al posto di fatine e angioletti di zucchero. Auguri di buone feste .. NG! : - ) Lino