Subject: Re: La via tortuosa Date: Sat, 22 Aug 2009 13:50:26 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.cultura.filosofia.moderato Massimo 456b wrote: > >> se il nulla è assimilabile > >> alla proprietà vuota e se il nulla > >> è una proprietà negativa o positiva. L: > > Il nulla è la assenza di alcun ché. Massimo: > il nulla è l'assenza di nulla? Mi ricordi una celebre scenetta: Stanlio: -Vorrei un gelato al pistacchio. Olio: -Ci scusi -signore- ma non abbiamo il pistacchio. Stanlio: -Allora mi dia crema, fragola, e pistacchio .. Olio: -Ci scusi -signore- ma le abbiamo già detto che NON abbiamo il pistacchio .. : - ) Ritornando a noi "il pistacchio" -nell'esempio- era assente, il ché, era il pistacchio. Nell'insieme dei gusti disponibili, vi era un nulla, la assenza di un ché, la assenza del pistacchio. Spero di avere chiarito cosa intendo con "nulla". Se vado in gelateria e NON hanno il pistacchio, non mi posso approviggionare di tale nulla, perché è assente il che relativo: il pistacchio. > > quindi è tutto? Il concetto di "tutto", lo scrivo virgolettato, a differenza del concetto di "nulla", è anche noto nella teoria degli insiemi: è detto insieme Omega, o insieme universo. Si trascura, nelle trattazioni di non alto livello, di dire che tale "tutto" a cui ci si riferisce (nelle trattazioni banali) è un sottoinsieme _noto_!", ma come caso di esercizio, e non come caso di saturazione di tutti gli enti. Ad esempio: Sia Omega tutte le mele che la Mamma ha a casa oggi, si considerino -tra tutte le mele (le mele della Mamma)- quante sono rosse. Nella mia trattazione facevo cenno al fatto che come per il nulla bisognerebbe avere chiaro «nulla di _che_?», ossia -per esempio- nulla in merito al pistacchio, così -analogamente- per il tutto si dovrebbe specificare «tutto di _che_?». Quindi se qualcuno (Gigi) mi dicesse: "Guarda ma oggi sto proprio bene, ho proprio tutto!" Io potrei dirgli: "Hai una barca di 15 metri?" Ecco: nel suo tutto (un tutto -di Gigi- che è analogo a tutte le mele -della Mamma- .. quindi ad un universo di riferimento, ma limitato), non c'era la barca da 15 metri, magari. Quindi solo in particolare si può parlare di tutto e di nulla, ossia in un universo relativicizzato, come direbbe Einstein. Una trattazione più generale, però, dovrebbe accorgersi che non disponiamo esplicitamente di tutto l'elenco degli enti tanto da poter dire chi sia "la collezione di tutte le collezioni", così come non disponendo di tale tutto = "collezione di tute le collezioni" non sappiamo un nulla assoluto, ma solo un nulla relativo, relativo al paniere preso a riferimento per specificare cosa ci manchi (dal paniere relativo). Ecco perché -concludevo nel precedente mex- la trattazione di Godel potrebbe essere rivalutata solo se consentisse uno scema espansivo e tale espansione fosse tale che tutti gli elementi da mettere nella collezione godano della regola (e non della proprietà) per cui non vi siano restrizioni a fare parte di essere interni al "tutto" = "collezione di tutte le collezioni". Allora, se ciò fosse supposto, lo schema bottom up sarebbe in grado di definire per passaggio al limite (in espansione induttiva) il tutto come estrapolazione di un meccanismo iterativo che partendo dal finito abbraccia ogni orizzonte, quindi anche Dio, se Dio = "tutto". > > guarda L > come diceva molto bene Loris, > la sequenza logica che fornisce > Godel, è di una semplicità > sconcertante. > La semplicità di chi maneggia > molto bene la materia, in questo > caso l'ontologia. Il problema è che i matematici, come Gianbruno Guerrerio, e io con loro, non sono daccordo e spiegano il perché. Un qualunque ente è definito in modo bene formato, ossia senza aporie, solo se è interno a un altro meta-insieme che lo contiene. Ciò non può dirsi di una collezione come "la collezione di tutte le collezioni". Tale è un essere o un ché dicentesi (per Godel): «Dio è un essere che ha *_tutte_ le proprietà positive*». Il punto -di logica- è che chiunque sia X=Dio -> allora -> secondo Godel gode di avere *tutto di qualche cosa*, per esempio di un qualcosa detto "proprietà (positive)". E' lì che casca l'asino, Godel, nello specifico. Perché già prima di dovere spiegare cosa si intenda con "proprietà", X gode (secondo Godel) di avere _tutte le cose_ che siano proprietà, o meglio "proprietà positive", se vogliamo stare a Godel. Ora dire che un ente gode di un qualche _tutto_ si può fare solo *_a posteriori_* di sapere quale sia tale tutto, se si vuole usare uno schema di deduzione. Mentre Godel starebbe descrivendo -a priori- Dio. Ecco perché non pubblicò mai il suo teorema sull'esistenza di Dio .. per questioni banali come il "collasso della modalità deduttiva" (cit Guerrerio su Le Scienze "i grandi della scienza" (Kurt Godel) anno IV, n.19, febbraio 2001, pagina 98) > > Infatti lui parte dal concetto di > "proprietà". > > La proprietà è? > Non vorrei essere marxista > per dare questa definizione. > > Se proprio vogliamo trovare > il pelo nell'uovo dobbiamo > porci la domanda se il > nulla sia un concetto relativo > o assoluto. La persona umana non dispone di basi di dati complete, quindi elabora sempre su concetti di misura relativi e allude solo per estrapolazione dal particolare all'universale, se su insiemi illimitati. Quindi non è noto l'assoluto, al finito. > > Il punto di partenza di quella > dimostrazione non è un nulla assoluto > ma relativo al tutto. Supposto (infondatamente) che il tutto sia disponibile al finito, mentre non lo è. Sappiamo solo quante mele ha la Mamma, o quante mele sono sul pianeta terra, ma non quante mele vi possano essere in ogni mondo esterno al pianta terra. E stiamo parlando solo di mele .. : - ) Se aggiungessimo anche le pere e altra frutta chissà dove andremmo a finire .. > Non ciò di cui si deve tacere alla Witt, > ma tutto cio di cui si può dire > che non è qualcosa. > > Certo, Platone già basta e avanza > a scardinare tutto questo ragionamento > con la sua Aporia del nulla. > > ciao > Massimo Ti ringrazio del tema che ci hai proposto. Spesso non ci si avventura in tali tematiche perché sono considerate abbandonate dai matematici -> come irrisolvibili. Segnano la linea di confine del pensiero razionale e di quello che sfocia nei territori della metafisica. Sembrerà strano ma noi -come occidente- siamo ancora molto legati alla ortodossia dell'illuminismo tedesco, quindi alla fedeltà di dare per assodato che il concetto di Dio sia inutile e anzi dannoso alla ricerca scientifica. Dimentichiamo -facilmente- che Albert Einstein è stata una delle maggiori figure della scienza del 900 e che tuttora la sua teoria regge alle prove sperimentali di verifica, nel nostro universo. Einstein era oltre che un grande scienziato una persona che credeva in Dio. La mente razionale non dovrebbe temere «l'ipotesi Dio». Perché la razio arriva fino alla distanza in cui riesce a fare luce nella comprensione, localmente, relativamente a ciò di cui si occupa. Ma l'intuizione e l'eureka, arrivano -con altri meccanismi- a intuire la logica con cui vediamo accedere ciò che accade. Ci sono fenomeni che la scienza non spiega, almeno per ora. Usare solo la scienza (e atrofizzare con lo scietticismo la nostra sensibilità, alla Piero Angela, con un ateismo che si pone come sfottente i creduloni) è come volere vedere in profondità l'orizzonte .. e però con un occhio solo. Per valutare una distanza -viceversa- necessitano almeno due occhi, ma l'età dei lumi e della ragione si ostina a volere usare un occhio solo, quello della scienza. Una sorta di Polifemo che conta la schiena delle pecore .. mentre Ulisse riesce a vedere molto di più e non rinuncia al canto delle sirene .. Saluti estivi e balneari, L