Subject: Re: Cantor (ripresa di "This Cantor is Killing Me")[sugli immaginari] Date: Thu, 28 Aug 2008 07:39:55 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.cultura.filosofia.moderato Loris Dalla Rosa wrote: > Lascio perdere la seconda parte della mia considerazione (che considera la > totalita' degli antidiagonali), finche' non ci siamo chiariti su tutto > questo. > Un saluto, > Loris Scusa, Loris, se mi inserisco nella vostra interessante discussione. Lo faccio perché Davide ti chiede A? B? Sia io che tu -mi sembra- dicevamo che il problema di numerare non un insieme esplicitabile tramite una collezione di elementi, come lo sarebbe l'insieme dei naturali o dei razionali, ma l'insieme -ad esempio- degli irrazionali non prevede una costruzione che sia esplicitabile così: A = (1,2,3 ..) o così A = (a1, a2, a3 ..) Non lo prevede perché "ai" potrebbe essere rad quadrata di 2, e altri numeri che non sono esplicitabili con un numero finito di cifre, e -quindi- al più indicando una "procedura" o una serie o un algoritmo di calcolo che però non vale per ciascun ai, ma solo per il singolo ai, mutando la serie -come struttura- se si muta ai. Se volessimo inquadrare tale questione nella teoria generale delle rappresentazioni degli insiemi (numerici come caso particolare) ci troveremmo con le aporie di dover spiegare perché non è stato ancora definita e accolta -in matematica- "la collezione di tutte le collezioni". Il perché non si riesce a cimentarsi con "la collezione di tutte le collezioni" è presto detto da Russell: "La collezione di tutte le collezioni non è definibile al finito" Poiché comunque io fisso chi è A? chi è B? Non basta dire chi sia A e chi sia B Ma -in una rappresentazione ben formata che non introduca aporie- bisogna dire chi contiene A e chi contiene B. E' -se poi vogliamo vederla anche così- la questione ben nota in matematica di definire lo spazio complementare di uno dato all'interno di uno spazio che li contenga entrambe. Vediamo la questione con la topografia: Supponiamo che io abbia un cerchio, C0, con un certo raggio di 2 metri. Mi si chiede quanti cerchi, C1, di raggio 1 metro possa contenere, C0, in ipotesi di non sovrapporre i cerchi. Io rispondo -magari dopo aver provato- il macrocerchio C0 contiene due microcerchi C1. Ora poiché C0 contiene C1={c1,c2} .. allora .. tutto lo spazio topologico, C0, è esaurito? Se calcolo l'area di C0= r0*r0*3,14 (circa, ma si potrebbe espandere p greco) e calcolo l'area di C1=r1*r1*3,14 (circa) trovo forse C0=C1+C1? No, rimane una ampia superficie che la tipologia degli insiemi che ho usato per la copertura di C0 non mi ha consentito di descrivere, data dalla natura della tipologia della collezione prescelta. Ad esempio se accettassi dei cerchi di raggio minore troverei che posso inserirne altri senza creare sovrapposizioni! Quindi data *una natura* del _tipo_ di collezione (che uso per la misura) e della macrocollezione (che è l'insieme di Russell che ne fissa la frontiera per indicarne l'ambito di validità), la tipologia prescelta non ci dice nulla sulla misurabilità di *altri spazi* interni a C0, a meno di cambiare la collezione di misura. Ora Davide dice: "Mostrami un caso in cui avvenga un passagio dei parametri in cui il mio sottoprogramma fallisce" (Ho sintetizzato con parole mie). Ma non sa forse Davide(?) che nel passaggio dei parametri è obbligatorio definire la "natura" degli elementi della collezione? Non sa forse Davide(?) che necessita nel definire una collezione specificare in C, in Pascal, in Java, in qualunque linguaggio artificiale, se gli oggetti della collezione siano interi con virgola (e con che precisione) alfanumerici esadecimali etc? (Pena per esempio in linguaggio macchina, ad esempio, non potere avere il grado di astrazione locale per potere trattare tali tipologie con astrazione locale). Quindi ribadisco che la strada che state dibattendo è carente *nel metodo*, non nelle conclusioni del metodo prescelto. Come tu puoi osservare tali situazioni -spostare avanti il confine di una frontiera- si possono gestire solo in bottom up e non top down. Ad esempio: Se io trovo una matematica che funziona con le seguenti rappresentazioni a+jb = z Da dove dovevo trovare la intuizione che poteva esistere una soluzione ... (per un ampliamento di un set) se non da un problema particolare (non ancora risolto) e poi verificare se posso estendere a casi più generali ciò che ho trovato su un caso particolare? Se infatti io dico: La radice di un numero, ad esempio 4=y, è quel numero x tale che moltiplicato per se stesso, mi deve dare y allora ho x*x=y=4 Provo x=2 nella precedente espressione e vedo che la soddisfa. Allora so che la radice di 4 è 2. Ma se l'espressione fosse: x*x=-1 ? Non esiste nessun numero di quelli già noti (all'epoca) tale che sia vero .. Devo *introdurre una rappresentazione* che scavalchi questa difficoltà, motivata a partire "dall'incidente" di avere trovato x*x=-1 non soddisfatto da nessuno degli insiemi che conoscevo (ciò accade -anche fisicamente- per esempio nelle equazioni di Lorentz sulla teoria di Einstein se v>c). http://digilander.libero.it/n8/lorentz.htm Quindi ci si muove -nella scienza & nell'eureka- in bottom up. Solo successivamente si sistematicizza l'ambito -magari in modo formale e teoretico- avendo esplorato il nuovo territorio come un Indiana Jones fa con il macete nella foresta in cui non sa neanche cosa possa incontrare. La natura di ciò che ci si può parare di fronte non è categorizzabile a priori. Si potrebbe categorizzare a posteriori se fissassimo la classe dei fenomeni che potrebbero occorrerci e dovremmo -però- limitarci agli eventi che sappiamo riconoscere come classificazione aprioristica. In fondo, perché a me piace parlar chiaro, è la stessa ragione del perché l'occidente ha avuto più successo nello studio delle scienze dell'oriente. L'occidente -con l'Ebraismo/Cristianesimo- ha investigato la natura di Dio, che io considero la famosa collezione del "tutto", con una umiltà che non era e non è presente in oriente. Ha usato il bottom up cognito di poter dire solo qualcosa e non potersi esprime sulla completezza di Dio. Nel buddismo -viceversa (e come esempio)- l'uomo è il principio e la fine necessario e sufficiente alla esplorazione di tutto l'ESSERE e ciò è la sua condanna come possibilità di espansione culturale. A me pare che tu hai bene intuito l'umiltà di intuire "un Dio che non serve per giocare a transbriscola (mera fantasticheria)" e -ciò- ti fa intuire che esiste tra cielo e terra più di quanto possa la nostra immaginazione. A Davide un tale Dio, anche se esistesse, non serve, perché -a me pare- lo senta (erroneamente) umiliante. Quindi piega la logica e la possibilità di dialogo -> apriori, non riconoscendo *la potenza dell'immaginazione oltre i confine del sè*. Ma gli immaginari non hanno un confine -> se non in una matematica che fissi quali e poi -però- ci si riferirà solo a quelli .. Saluti, L