Subject: Re: Movimento femminista Date: Sun, 30 Dec 2007 09:57:04 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia Manfred De La Rey wrote: (sono daccordo) > Sul fatto che tra uomo e donna ci potrà essere unicamente sempre più odio > e divisione, la cui conclusione inevitabile sarà una guerra che porterà > all'annientamento totale di uno dei due sessi, perfettamente d'accordo. > Che quello maschile sia il sesso destinato a soccombere anche; a meno che > la maggioranza di noi uomini riesca a staccarsi dalla testa "quel > triangolino" ed assuma coscienza della propria responsabilità. > Cosa che in tutta sincerità dubito fortemente !!!! Anzitutto ringrazio la moderazione di avere consentito la trattazione del tema, sebbene i toni siano -a me pare- ben oltre la logica. Ma come si discuteva con Jaspers, la logica attiene alla filosofia, mentre la psicologia trova il suo contesto proprio quando sembra che il dire sia oltre la comprensione, oltre la logica, almeno di superficie. E' talmente naturale per un uomo essere attratto dal suo simmetrico -la donna- e così pure il viceversa, che sembra già malattia avere repulsione per tali naturalità. Eppure -a volte- nella vita si vivono tali e tante esperienze "forti" .. che ci si pongono delle domande tuttaltro che banali: "Ma perché dovrei andare a fare il lavoro di penetrare una donna? .. e poi mantenere dei figli ? .. e poi educarli? .. e poi ..etc.. etc" Naturalmente, io ho espresso in forma maschile, data la mia sessualità, ma arrivo a spersonificarmi (facilmente) accorgendomi che per una donna la fatica della maternità è senzaltro superiore e poi -magari- allattare, e poi pulire dalle feci .. etc. Una volta mi sono chiesto persino: "Ma se noi ci fossimo dovuti avvicinare alla vita di coppia per pura logica (anziché prevalentemente per istinto) .. sarebbe stato possibile?" Mi sono risposto che -secondo me- sarebbe stato *molto difficile*, poiché nella realizzazione di un atto siamo normalmente "contaminati" da una prevalenza di componente istintuale, e ciò lo troviamo normale quasi che -come non dobbiamo spiegare allo stomaco come digerire- ci sembra una fatica mal posta andare a rendere esplicito a noi stessi -> più del 50% del perché del nostro agire. Anzi -spesso- abbiamo l'impressione di essere -se volessimo troppo riflettere- una ditta di "complicazione degli affari semplici", insomma di essere causa di renderci invivibile la vita. Del resto io -che leggo volentieri le favole per adulti come per esempio la serie di star wars- che cosa ti trovo? Luke SkyWalker: "Togliere lo schermo radar di individuazione del bersaglio"! Una voce fuori campo (Obi Wan Kenobi, maestro Jedi) che dice (a Luke): "Fidati della forza Luke!" E quindi la _naturalità_ di fidarci del nostro istinto, delle pulsioni primarie (almeno nel mito che risiede nelle fiabe). Ora, non è che io contesti che le pulsioni primarie, come la sessualità, vadano problematicizzate! Ci mancherebbe altro che mentre ci si guarda occhi negli occhi con una ragazza -che sta per baciarci- gli parliamo della "critica della ragion pura"! : - ) Sarebbe come -immersi in una sensazione- ci si rifiuti di viverla -> perché non ci si sente all'altezza di viverla senza temere la perdita del controllo che dovrebbe essere -teoricamente- affidato alla ragione, come stato supervisivo, ossia come vertice della gestione di noi stessi. Però .. però .. si usa dire che ci si "abbandona" .. perché una -pur larvale- attività parallela di "supervisione" c'era e continua ad esserci ed è giusto che ci sia! Supponiamo che non ci accorgiamo che subentra un pericolo -come può essere qualcuno che mette a rischio la nostra vita o delle persone che amiamo- e ciò avvenga all'apice di un amplesso .. Forse che ci lasceremo uccidere (?) perché la sensazione primaria era di grande gioia? Dice una canzone di Angelo Branduardi: "La notte è così tersa .. che forse anche morire non fa male .." Ora la dimensione dell'"abbandono" a volte può essere desiderata talmente intensa che possa sconfiggere anche la morte, anche qualunque occhio che sia "il nostro io che guarda se stesso" tanto era importante *abbandonarsi*, o desiderare di abbandonarsi, quasi che ne potesse derivare una sorta di *illuminazione*, un affacciarsi a qualcosa che intuivamo, ma che pensavamo che non avremmo potuto conoscere -> se non sperimentandolo! Ciò non toglie che -a mio avviso- un fare patologico inizia proprio con tale rinuncia, portata fino alla perdita _completa_ della presenza a se stessi. Sembra drammatico detto così, eppure il concetto di responsabilità -> passa proprio nel non ammettere che ci si possa abbandonare fino al punto di rinunciare al proprio libero arbitrio .. nella "capacità di osservare la razionalità oltre che l'istinto". Che c'entra ciò con il tema che stavamo svolgendo? C'entra .. per il fatto che io noto delle "esasperazioni argomentative" che hanno abbandonato un *contesto logico* e si sono poste su un contesto -a me pare- solo emozionale. Dove? Nel "diritto all'odio", visto che nella dignità umana vi sarebbe il libero arbitrio. In un certo senso non sarebbe neanche la pretesa del "diritto all'odio" -> la causa dell'innesco ai processi di distruzione (secondo me). Io lo scorgo nel diritto a "poter fidarsi solo dell'emozione". Grazie dell'occasione, grazie anche a Manfred, Lino