Subject: Re: dubbio sostanziale Date: Sat, 28 Jun 2008 13:09:40 GMT From: "Davide Pioggia" Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.cultura.filosofia.moderato Massimo 456b ha scritto: > visto che nella fisica moderna si tende > a parlare di energia più che di energie, > perchè non si può fare altrettanto > parlando di forze? Per la fisica moderna il mondo è costituito da due tipi di particelle: fermioni e bosoni. La differenza fra i due tipi è che il numero dei primi si conserva, mentre quello dei secondi no. Di conseguenza i secondi possono essere creati e distrutti, e ciò avviene come emissione e assorbimento da parte di un fermione. Ora, ad ogni tipo di bosone (il quale può essere emesso da un fermione e poi assorbito da un altro) resta associata quella che comunemente si chiama una "forza". Ad esempio a quei bosoni detti "fotoni" resta associata la cosiddetta forza elettromagnetica. Dati ad esempio due elettroni (che sono fermioni) una volta si sarebbe detto che essi interagiscono fra di loro in virtù della loro carica elettrica, poi si sarebbe detto che ognuno dei due produceva un campo elettromagnetico il quale poi esercitava una forza sull'altro; oggi invece si dice che uno dei due elettroni emette un fotone che viene poi assorbito dall'altro. A questo punto bisogna tenere presente che per ogni particella si possono definire delle grandezze fisiche, come ad esempio la quantità di moto e l'energia. Dunque l'elettrone che emette un fotone emette una particella che "trasporta" quantità di moto ed energia, e siccome queste grandezze si conservano possiamo pensare che l'elettrone "cede" queste grandezze al fotone emesso, le quali vengono poi "acquisite" dall'elettrone che assorbe il fotone. Dunque alla fine si ha uno scambio di fotoni che cambia l'energia e la quantità di moto degli elettroni, e questo per certi versi assomiglia agli urti fra le palle di un biliardo. Dunque, ricapitolando: le particelle *hanno* una energia e una quantità di moto (qui ci sarebbe da parlare della cosiddetta "indeterminazione", ma questo è un discorso fatto con la zappa e non ha senso cercare di usare il bisturi) ed esse *si scambiano* queste grandezze emettendo ed assorbendo dei bosoni che "trasportano" quelle grandezze, e che per questo vengono detti anche "bosoni vettori". Dopodiché - come dicevo - ad ogni bosone corrisponde una qualche "forza". Venendo alla tua domanda, ti rispondo che l'energia è "unificata" perché essa è la medesima grandezza (cioè è definita nella stesso modo) per tutte le particelle, e per di più si tratta di una grandezza conservata, per cui le particelle se la possono "scambiare" (cioè l'energia che una particella cede viene sempre trasportata o assorbita da qualche altra particella). Invece per unificare tutte le forze in una sola dovremmo avere un solo bosone vettore, mentre al momento se ne conoscono diversi. L'unico modo per unificarli tutti sarebbe quello di dimostrare che essi non sono particelle diverse, ma sono solo "stati" diversi di un'unica particella fondamentale. Per fare questo però dovremmo disporre di una teoria che mostri le cose in questo modo, e questa teoria al momento non esiste, anche se si sono tentate varie di strade per la "grande unificazione". Così quando tu giorni fa, nell'altro ng, riferendoti a "tutto quel polverone" http://snipurl.com/2qen0 hai detto: > che se gli stacchi tutte le forze è luce avrei voluto risponderti che la "luce" è un "gas di fotoni", e che i fotoni sono proprio uno dei più importanti fra i "bosoni vettori", cioè fra quelle particelle il cui scambio costituisce quella interazione che comunemente viene chiamata "forza". Per un fisico "staccare tutte le forze" significa far cessare lo scambio di bosoni, e siccome i bosoni vengono creati e distrutti durante lo scambio, se non ci sono più scambi non ci sono più bosoni, per cui "staccare tutte le forze" equivale esattamente a "spegnere la luce", tutti i tipi di "luce" che i fisici sanno concepire: fotoni, bosoni W e Z, gluoni e (forse) gravitoni. Dunque quello che tu mi hai scritto per me si leggeva così: se spegni ogni luce resta solo la luce. Per questo ti ho risposto facendoti intendere che mi sembravi un po' "mistico" :-) Quanto al fatto che questa tua domanda non venga pubblicata su un ng gestito da fisici per parlare di fisica, non so, può anche darsi che sia un semplice disguido. Ti confesso però che se io dirigessi una rivista più o meno virtuale di fisica sarei costretto a rendermi molto "antipatico", dando l'impressione di coordinare una setta impermeabile a qualunque tentativo di dialogare con essa compiuto da chi si afficini alla fisica con i metodi tipici di "altre culture". Infatti la fisica "ha da fare". Ha un sacco di lavoro da fare, di cose da capire. Tu dirai: ma perché si dà tanto da fare? per andare dove? Ecco, la fisica non ha tempo neanche per fermarsi a rispondere a questa domanda, perché ha talmente da fare che non ha nemmeno tempo per fermarsi a spiegare perché ha tanto da fare. Per lo più i tentavi di "dialogo filosofico" sono percepiti dalla fisica come una zavorra che potrebbe paralizzarla se non se la scrollasse prontamente di dosso. Sono millenni che si discute della "sostanza" di Aristotele, e gli stessi filosofi hanno mille convinzioni diverse su come vada inteso quel termine e su come risolvere quelle che sembrano una caterva di cotraddizioni. Se i fisici decidessero di partecipare a quella e altre discussioni come quella non basterebbero altri mille anni per venirne a capo, e invece i fisici non hanno nemmeno cinque minuti. Quindi tutte quelle faccende vengono cassate senza tanti riguardi. Come dicevo so che tutto ciò è dannatamente "antipatico", e per di più la fisica ha dimostrato in passato di poter fare degli errori clamorosi, per cui i fisici non possono essere assolutamente certi che ciò che gli dicono esponenti di altre culture non contenga delle intuizioni preziosissime per la fisica. Certo, non ne possono essere certi, ma - come diceva Feynman - è come se uno fosse intento a scassinare una cassaforte, e da dietro gli arrivasse uno dicendo: «Ha provato con la combinazione "711256122249"?». Ecco, magari il fisico quella combinazione lì non l'ha provata, ma non può fermarsi a provare tutte le combinazioni che gli vengono suggerite. Magari in quel momento sta provando le combinazioni che iniziano con "1", oppure per varie ragioni (troppo lunghe da spiegare) si è convinto che la combinazione che apre la cassaforte debba essere di sei cifre, e non di dodici. Né, ovviamente, può fermarsi a parlare con gli chiede che senso abbia tutto questo e perché affannarsi tanto a scassinare la cassaforte. Ci vorrebbe più tempo a spiegare il perché che a provare tutte le combinazioni. Mentre i filosofi si chiedono che senso abbia aprire le casseforti, i fisici le aprono, e i filosofi si ritrovano a chiedersi che senso abbia aprire delle casseforti già aperte. Ora io sono fra coloro che hanno deciso che non volevano "avere da fare" in quel modo. Probabilmente è stata una fortuna per la fisica, visto che essa ha bisogno di menti fresche e dinamiche, mentre io ho sempre avuto la tendenza a farmi rimbambire dalle questioni filosofiche. Ma ti dico sinceramente che anche io, se mi sentissi investito della responsabilità di coordinare una ricerca scientifica, farei tutto il necessario per proteggere quella ricerca da chiunque si avvicinasse ad essa con "questioni paralizzanti". Perché una cosa è dare le dimissioni, ma altra cosa è stare dentro una azienda e percepire la paga lavorando al contempo per la "concorrenza". La divisione non è fra coloro che sanno la fisica e coloro che non la sanno, perché gli stessi fisici fanno continuamente degli errori e si correggono illimitatamente. La divisione è fra chi "ha da fare" e chi quando si trova di fronte ad un discorso che non regge (o che comunque non ha la forza per essere assolutamente convincente alla luce di tutto ciò che si sa o che si crede di sapere) anziché cassarlo assieme a tutti gli altri discorsi simili prima continua a parlarne a vuoto per millenni e poi ci fa un altarino, venerandolo come quel discorso che ci parla da millenni. Ma se ci parla da millenni è perché ce lo siamo tenuti sul groppone per millenni anziché liquidarlo il secondo giorno dopo che se ne erano andati quelli che lo avevano imposto con le spade e con le fruste. Ad esempio Aristotele dalla Accademia era stato mandato via. Non certo con la forza, ma perché a nessuno interessava prendere lezioni da lui. Se potè tornare e mettere le mani su tutto l'ambiente accademico ateniese (trasferendolo poi in quel nuovo campus detto Liceo) fu solo perché egli faceva parte della corte dei Macedoni, i quali sapevano solo ruttare, andare a cavallo e far girare a pieni giri le spade e gli uteri, e per questo motivo avevano la forza fisica e psicologica di imporsi su popoli che ormai si erano troppo raffinati per avere la determinazione necessaria a imporsi nella storia. Ebbene, per la fisica il fatto che tu abbia messo le mani sulla storia perché sapevi ruttare, andare a cavallo e far girare a pieni giri le spade e gli uteri non conta un cazzo. O meglio conta come oggetto di studio (perché la fisica studia appunto le "forze", e quella è una grande forza che agisce nella storia), ma non come soggetto con cui è necessario dialogare. Né conta qualcosa il fatto che ciò che tu hai imposto in quel modo poi entri a far parte di una tradizione che si impone come tale. A mano a mano che ciò che tu hai imposto in quel modo si rivela infondato esso viene cassato. Certo, è dura, anzi è impossibile scrollarci di dosso il fatto che noi siamo il prodotto di una storia che è stata comunque ciò che è stata, ma una cosa è prendere atto che una totale emancipazione può essere solo un limite ideale a cui tendere, e altra cosa è farsi prendere dalla "sindrome di Stoccolma", difendendo a spada tratta ciò che ai nostri antenati fu imposto con la spada. Già la condizione umana è penosa, ci manca solo che uno si metta volontariamente a fare il servo. Il teorema di Pitagora si difende da sé. Ciò che non sa difendersi da sé e che non ha più le spade dei Macedoni a difenderlo giace appunto indifeso. Poi se il fatto di essere parte di una certa tradizione è un modo di difendersi da sé, bene, vorrà dire che non giace indifeso. Ma se è vero che sa difendersi da sé, allora che bisogno c'è di difenderlo? :-) -- Saluti. D.