Subject: Re: dubbio sostanziale Date: Sat, 28 Jun 2008 17:29:12 GMT From: "Davide Pioggia" Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.cultura.filosofia.moderato Marco V. ha scritto: >> Mentre i >> filosofi si chiedono che senso abbia aprire le casseforti, i fisici le >> aprono, e i filosofi si ritrovano a chiedersi che senso abbia aprire >> delle casseforti già aperte. > No. Perché i filosofi (e se facessimo girare all'incontrario il nastro > dell'Occidente, ad un certo punto vedremmo che fisici e filosofi > convergerebbero in un unico punto) non sono quelli che si ritrovano a > chiedersi che senso abbia aprire delle casseforti già aperte, ma sono > quelli che si domandano se è proprio vero che la cassaforte sia stata > aperta. Se qualche filosofo pensa che la scienza non sia capace di aprire delle casseforti, allora non ha di che preoccuparsi, e può tranquillamente ignorare la scienza. Così se domani si presenta in piazza un matto a dire che lui è il nuovo imperatore del mondo e che tutti devono ubbidire alle sue potenti armate, e così dicendo mostra un punto della piazza in cui ci dovrebbero essere le potenti armate mentre i passanti di armate proprio non ne vedono, nessuno gli presta attenzione, o al massimo dopo un po' - se quello disturba con i suoi schiamazzi - arrivano le guardie, ma di certo i filosofi non si mettono tutti insieme a chiedersi per anni e secoli se egli avesse veramente le armate che diceva di avere. Invece i filosofi parlano incessamentemente delle "pretese" della scienza. Ma se quelle pretese sono illusiorie, perché dedicare tanto tempo e tante risorse intellettuali ad analizzare le illusioni altrui? Ora tu potresti dirmi che gli scienziati non sono dei matti che fanno i loro discorsi in piazze che mostrano nei loro confronti ostilità o semplice indifferenza. No, perché gli scienziati trovano un sacco di uomini potenti disposti a dargli retta, e quando un governante decide di assecondare una certa visione del mondo allora il filosofo si sente chiamato ad intervenire per analizzare i fondamenti di quella visione del mondo. Bene, ma a questo punto - visto che vogliamo attenerci ai fatti - io ti faccio osservare che nel mondo ci sono e ci sono stati un sacco di regimi politici basati su ideologie che erano massimamente avverse allo spirito scientifico, e che avrebbero fatto di tutto per non dover fare concessioni alla visione del mondo su cui si basa la scienza. Ma anche quei regimi non hanno potuto fare a mano di affidarsi in qualche modo alla scienza (anche a costo di fare il possibile per limitarsi a recepire le tecniche già messe a punto senza recepire anche lo spirito su cui si fonda la ricerca di quelle tecniche). E i regimi che si sono ostinati a non fare questa cosa ora non ci sono più. Ebbene, se la capacità della scienza di aprire le casseforti è solo illusoria, come mai chi non si affida a quella "illusione" viene spazzato via dalla storia? Tu ce l'hai una spiegazione di questo fatto? Oppure vuoi negare il fatto, cioè vuoi negare che oggi chiunque abbia la volontà di imporsi nella storia deve trovare qualcuno che gli costruisca delle centrali nucleari? Secondo te una centrale nucleare è uno strumento che in qualche modo apre delle casseforti, a prescindere da ciò che si vuole o non si vuole credere, oppure è solo un feticcio che "funziona" nella misura in cui si vuole credere che esso apra delle casseforti? > Ora, capisco benissimo che il filosofo, con le sue domande paralizzanti, > deve apparire come un perdigiorno di contro al fisico che non ha nemmeno > cinque minuti di tempo. E capisco benissimo che la verità filosofica deve > venire connessa al potere e alle stragi. Non è che deve venire connessa. Il fatto è che la storia è di chi se la prende, e per prendersi la storia bisogna avere la forza di farlo. E quali sono le forze che possono prendersi la storia? Io ne vedo tre: il numero, il numero e il numero. Avere milioni di braccia pronte a brandire milioni di spade, avere milioni di uteri pronti a produrre milioni di braccia, sapere attingere a giacimenti energetici di milioni di miliardi di joule, eccetera eccetera. Ognuno di questi numeri può essere messo in campo usando determinati strumenti. Le braccia e gli uteri si attivano con gli strumenti ideologici, cioè quegli stumenti che mirano principalmente a modificare gli stati mentali, mentre i giacimenti energetici si mettono in campo con gli strumenti scientifici. E qui tu dirai che anche la scienza è una ideologia come tutte le altre. Ma io replico che non è proprio come tutte le altre, perché per modificare gli stati mentali si può utilizzare qualunque ideologia, e la storia è lì a dimostrarci che si è veramente utilizzato di tutto, poiché qualunque Verità è diventata immediatamente "spendibile" nel momento in cui si è riusciti ad imporla, a prescindere da come si fosse imposta e quale essa fosse, tant'è che spesso nella storia si vedevano milioni di spade che erano mosse da una Verità del tutto antitetica a quell'altra Verità che muoveva altri milioni di spade che si contrapponevano alle prime. Invece l'ideologia scientifica è caratterizzata dal fatto che c'è uno e un solo modo per farla funzionare come forza che modifica la storia, per cui anche le ideologie più aliene o avverse allo spirito scientifico devono in qualche modo scendere a patti con esso. Una volta che si sia accettata questa distinzione, nessuno può più "chiamarsi fuori". Infatti in ogni momento in tutto il mondo si vanno costituendo delle forze che sono potenzialmente capaci di appropriarsi della storia, per cui chi *non vuole* che quelle forze abbiano questa possibilità bisogna che - coerentemente con quella sua volontà - faccia qualcosa per indebolirle o per rendere più forti le altre forze. Ognuno di noi, anche se esprime la volontà di non fare nulla, sta comunque *facendo qualcosa* per determinare se sia più forte Hitler che parla a Norimberga di fronte a centinaia di migliaia di persone esaltate dalle sue parole, o se invece sia più forte Fermi che lavora alla costruzione del primo reattore nucleare. Non ci sono altre possibilità, perché puoi solo contrapporre delle forze a delle altre forze, e anche quella messa in atto da Gandhi nei confronti dell'Impero Britannico era, in quelle circostanze, una forza che agiva nella storia, ché se al posto di un Impero Britannico incerto sulla opportunità di conservare i suoi possedimenti a qualunque costo egli si fosse trovato di fronte alle armate di Hitler sarebbe stato spazzato via con ferocia e quasi nessuno oggi si ricorderebbe di lui. Che poi la forza messa in campo da Fermi alla fine possa essere proprio la forza che cancellerà la vita sul pianeta, beh, non si può certo negare che ci sia questa possibilità, ma se c'è questa possibilità è proprio perché quella forza riesce a costituirsi come forza più potente di tutte le altre, e se uno lavora al reattore nucleare contro Norimberga deve sapere bene che la sua intenzione è quella di mettere in campo una forza immensamente più potente di quella di Norimberga, e deve anche sapere che la forza di Norimberga potrebbe tentare di fare qualcosa per appropriarsi anche della forza che egli sta cercando di mettere in campo. Ma che facciamo, rinunciamo a operare il malato perché c'è il rischio che ci resti sotto i ferri? Cioè, lo lasciamo morire per evitare il rischio che muoia? Sì, certo, c'è il rischio che vada tutto a puttane. Perché, non ce ne eravamo accorti? Il modo in cui si è svolta la storia fino a qui non ci mostra con sufficiente eloquenza il brutto andazzo della vicenda umana? Ovviamente per qualcuno il reattore nucleare può essere benissimo una malattia peggiore di Norimberga, e può darsi che egli preferisca vivere in un mondo dove non c'è il reattore nucleare, costi quel che costi, anche a costo di rischiare che ci siano altre mille Norimberga, come ce ne sono state altre mille prima di quella che noi chiamiamo così. Va bene, allora qui siamo arrivati di nuovo - come sempre - alla contrapposizione di due volontà: c'è chi vuole vivere in un mondo fatto in un certo modo, e chi invece vuole vivere in un mondo fatto in un altro modo. E siccome si può realizzare un solo mondo, quando due volontà non sono compatibili sul mondo in cui vogliono vivere allora esse non solo vogliono vivere nel mondo desiderato, ma sono anche assolutamente determinate a non vivere nel mondo voluto da altre volontà. Dunque bisogna scegliere, e la scelta di non fare nulla o di stare immobili a chiedersi per mille anni se sia veramente possibile scegliere è anche essa un modo di scegliere, cioè di scegliere che siano certe forze ad imporsi piuttosto che altre. > Ma, visto che dici che il teorema di Pitagora si difende da sé, dovremo > pur domandarci se il rapporto che le verità scientifiche intrattiene con > il potere non sia che una variazione possibile all'interno del rapporto > generale tra verità e potere (un'altra variazione possibile sarebbe quella > tra verità metafisica e potere). A me sembra di aver risposto sopra a questa domanda. C'è qualche aspetto di questa domanda che ti pare sia rimasto inevaso dalla mia risposta? > A qualcuno - come ben sai - potrebbe venire in mente di dire che > il potere al cui servizio stanno le verità scientifiche è più odioso, > perché più capace di mascherarsi, e dunque infinitamente più pervasivo, > di qualunque potere che sia mai apparso nella storia dell'uomo. L'unica cosa che dice la scienza di sé è che essa è capace di mettere in atto una prassi che non può essere respinta come illusoria da nessuna visione del mondo che voglia permanere nella storia (fermo restando che ovviamente non ce lo ha ordinato il Dottore di permanere nella storia), e che essa può essere praticata positivamente solo in un certo modo e non in una infinità di modi equivalenti, tutti incompatibili fra di loro. A te questa sembra la constatazione di un fatto o un "odioso mascheramento"? Che poi a qualcuno questo fatto non piaccia, se ne può discutere. Ma intanto lo vogliamo considerare un fatto, o la filosofia intende "problematizzare" anche questo? >> Ad esempio Aristotele [...] > Sopra hai scritto: >> L'unico modo per unificarli tutti sarebbe quello di >dimostrare che essi >> non sono particelle diverse, ma sono >solo "stati" diversi di un'unica >> particella fondamentale > Sarà forse una mia suggestione, ma a me questo discorso fa proprio venire > in mente marchingegni aristotelici come "sostrato", "accidente" etc. Non > sono marchingegni di cui può liberarci un Feynmann qualunque. Tu ed io abbiamo passato moltissimo tempo a chiederci, anche in altri ng, che cosa fosse quella cosa che fa sì che tutti i cavalli siano cavalli, ed io non ho mai respinto come una vuota masturbazione domande come questa. Questa domanda, però, viene formulata chiaramente da Platone, non da Aristotele, e il problema che assilla da millenni i filosofi (e gli scienziati!) che si sono posti questo problema è già delineato pienamente in Platone. Per altro proprio la convinzione che 2 più 2 faceva 4 anche quando non c'era nessuno, e che continuerà a fare 4 anche quando non ci sarà più nessuno, ha spinto molti grandi matematici su una posizione sostanzialmente platonica degli oggetti e delle verità matematiche. Sto parlando di gente come Whitehead o Goedel. Ma di matematici aristotelici io proprio non ne conosco. Più in generale non conosco nessuno che sia dedito al pensiero rigoroso e analitico e che si riconosca nelle posizioni di Aristotele. Quelli con cui ho avuto la possibilità di parlare di queste cose ammettono che la domanda che ci pone Platone è chiara e non facilmente eludibile, ma del tentivo fatto da Aristotele di dare una risposta a quella domanda dicono per lo più che "non si capisce un cazzo", o che "è una caterva di assurdità" o altre cose così. Certo, non posso ergermi a rappresentante dello spirito scientifico, e magari ci sono dei grandi fisici e dei grandi matematici che si riconoscono nelle posizioni di Aristotele e ritengono anche di poter dare ad esse dei solidi fondamenti; ma - come dicevo - io non ne ho conosco, o comunque in questo momento non me ne viene in mente nessuno. Piuttosto lo spirito diffuso nei confronti di Aristotele mi sembra essere quello che dicevo. Ebbene, lo spirito scientifico è proprio quello spirito per cui se in un discorso non si capisce un cazzo, o saltano fuori una caterva di assurdità, o si trova il modo di emendarlo o ci si prepara a respingerlo al più presto per fare largo a qualche altro discorso che risulti più soddisfacente secondo i canoni della scienza. So che questo atteggiamento può sembrare "spietato", ma - parafrasando quello là - potemmo dire che la realtà non è un pranzo di gala :-) -- Saluti. D.