Subject: Re: il nome della cosa - 2 Date: Fri, 27 Jun 2008 08:35:43 +0200 From: "qf" Organization: ComputerVille Newsgroups: it.cultura.filosofia.moderato "Davide Pioggia" > Nel primo articolo di questa serie ho ripreso un celebre articolo di > Quine, > il quale si pone la domanda «Che cosa c'è?» e si risponde «Tutto», che poi > in inglese viene espresso analiticamente dicendo «Ogni cosa»: >[...] > > Certo, molti di noi non credono che gli unicorni "ci siano" nello stesso > modo in cui "ci sono" gli elefanti o i cavalli. Tuttavia anche gli > unicorni > in qualche modo "ci sono", se non altro sono presenti come immagini > nella fantasia di coloro che ne parlano. Proviamo a metterla così: 'Cosa' designa ogni possibile bersaglio della nostra attenzione e/o della nostra percezione quando non sappiamo o non vogliamo o non ci serve specificarlo. Per questa ragione penso che la filosofia abbia dedicato poco spazio a 'cosa': è un termine jolly che può applicarsi a qualunque area delimitata appunto dalla nostra attenzione/percezione (indipendentemente dal fatto che ciò che vi rientra ci sia in concreto). Esattamente come 'merce', che si applica dalle noccioline ai grattacieli nel linguaggio appunto mercantile (esiste persino merce virtuale). Ciò che ci si aspetta è un non-abuso di tali termini jolly, utili quando servono (il che vale anche per 'ente', 'entità' ecc.) Ah! 'What' non implica 'thing' o non lo sottintende più di quanto una bocca vuota implichi o sottintenda ciò che vi cascherà dentro -- se mai vi cascherà. In questo la lingua inglese è anzi più rigorosa, o più prudente, della nostra. Circa Aristotele e il professore di filosofia intelligente e preparato che rivela così clamorosamente l'"inconsistenza" del primo, non ti viene da chiederti quale dei due -- il professore di filosofia intelligente e preparato o Aristotele -- sarà ancora *vivo* fra altri duemilacinquecento anni? Io sospetto che sarà Aristotele, e che anche allora ci sarà un altro professore di filosofia intelligente e preparato che mostrerà al suo ammirato uditorio l'"inconsistenza" del primo. Senza andare così lontano nel tempo, sai quanti professori intelligenti e preparati hanno mostrato (per esempio) l'"inconsistenza" di Freud? Eserciti. E' che leggendo questi "inconsistenti" uno si dice sempre: "Azz! Qui c'è qualcosa da capire: c'è e mi sfugge, è sempre un passo più in là, non ho capito abbastanza, non ho affinato abbastanza." E invece questo non succede mai con i professori intelligenti e preparati, che quando esci dalle loro lezioni ti sei già dimenticato delle loro parole, perché non c'era una sola briciola da capire al di là di esse. Nessuna sfida, nessuna umana ambiguità che poi è lo spirito della ricerca (e anche dell'arte). Non è però lo spirito delle formule evidentemente, o delle norme ISO. Saluti qf