Subject: I termini paradossali Date: Sun, 29 Jun 2008 09:07:46 +0200 From: "qf" Organization: ComputerVille Newsgroups: it.cultura.filosofia.moderato Nei giorni scorsi si discuteva del "nome della cosa". Cosa, ente ecc. 'Nomi jolly', li ho chiamati io, perché si prestano ad applicarsi ovunque. Ovunque dove e quando? Dove e quando non serve a niente specificare. E' lì che si usano sempre, altrimenti sono usati a sproposito, come il "cioè" da parte di certi adolescenti analfabeti. Ebbene, tali termini si prestano evidentemente al paradosso. Evidentemente essendo jolly. Ma in che senso? Nel senso che, dipendendo dal contesto del discorso, è una "cosa" il tasto di questa tastiera, ma è una "cosa" la tastiera,e su su fino all'intero universo. "Cosa", come dicevo, è qualunque area della percezione e in genere della rappresentazione interiore -- anche non corrispondente a qualche realtà -- su cui si punta l'attenzione (sempre che nel discorso non sia importante specificare o sia importante non farlo). E' il puntamento dell'attenzione a "cosificare" qualunque area delimitata dal puntamento stesso (dalla focalizzazione dell'attenzione): posso focalizzarmi su un piccolo molo, su una barca, su una nave, su un porto. L'attenzione -- per chiamarla così -- *entifica* (io dico così al posto di 'cosifica') ciò su cui si focalizza. (E l'entificazione è il principio psico-comportamentale primario dei viventi che, tra l'altro, istituisce l'universo del numero a partire dall'unità, costituita appunto di default da ogni "entificato".) Se l'attenzione si focalizza su un pianeta, allora il pianeta è un ente (ossia, in concreto, un *oggetto dell'attenzione*). E se l'attenzione si focalizza -- seppure virtualmente -- sull'universo, allora anch'esso è "entificato" o "cosificato". E ciò semplicemente perché lo si è posto come ***bersaglio dell'attenzione***, ossia perché -- seppure virtualmente -- è diventato _oggetto_ dell'attenzione. Ecco da dove sorgono certi paradossi, come quello dell'insieme degli insiemi che sarebbe o non sarebbe un insieme altrimenti cascherebbe negli insiemi di cui è insieme (per cui poi i matematici devono fare i salti mortali per non trovarsi col culo formalmente per terra :-) Stante ciò che ho appena detto, è abbastanza ridicolo pensare che si tratti di un paradosso da far tremare le vene e i polsi ai matematici, se non si fanno giochetti con le parole (e se i matematici a loro volta non si accontentano dei giochetti con le parole). E' un fatto che può essere oggetto dell'attenzione (ossia focalizzato da un soggetto) l'insieme degli stuzzicadenti e può esserlo l'insieme di tutte le cose. Nella mente di chi si prospetta queste cose (di chi vi pone l'attenzione) è evidente che l'insieme degli stuzzicadenti e l'insieme di tutte le cose si trovano sul medesimo piano logico, e quindi non vi è nessun paradosso nel dire che l'insieme di tutte le cose ricade nel medesimo livello dell'attenzione. Il quale però __non è__ l'insieme di tutte le cose, ma è tutt'altro universo. Il paradosso proviene infatti da un salto logico che non è lecito, e cioè nel confondere tale piano logico (dell'osservazione) -- che ***necessariamente*** contiene "a parimerito" l'insieme di tutte le cose e l'insieme degli stuzzicadenti -- con il piano degli insiemi osservati (piano-oggetto o piano dell'osservato). E' vero cioè che quel "piano logico" contiene come insieme osservato l'insieme di tutti gli insiemi osservati -- incluso l'insieme di tutti gli insiemi, -- ma non è vero che questo contenimento appartiene agli insiemi stessi. E' perciò il salto logico dall'osservatore all'osservato a far comparire inevitabilmente il paradosso. Ma sembra che questa distinzione fra il livello dell'osservatore e il livello dell'osservato sia difficile da digerire. La causa, verosimilmente, è il pregiudizio dell'"oggettività" della rappresentazione mentale, pregiudizio che frega la scienza in questo e in molti altri casi. Ma non solo la scienza. Tale pregiudizio -- del far coincidere il piano dell'osservazione con il piano dell'osservato -- risale a quell'altro pregiudizio, a sua volta discusso nei giorni scorsi: quello dell'autoreferenzialità, della pretesa cioè di toccare il tatto e gustare il gusto. Che è appunto confusione fra il piano del soggetto e il piano dei suoi oggetti. Buona domenica a tutti qf