Subject: Re: Religione, ideologia e pensiero magico Date: Mon, 29 Sep 2008 18:15:03 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia Vincenzo Del Piano wrote: > Comunque - ... sia detto tra fieri razionalisti :-)) - possiamo confidare > che -nel termine di 10.000 generazioni ... chè tanto ci vuole per > mettere-o-levare una determinante genetica evoluzionisticamente impostasi!- > ... il deprecato pensiero magico non sussisterà più. > A meno che ... non continui ad affermarsi vantaggioso! :-((( > > Saluti ... speranzosi e pazienti! :-) Vorrei far notare in questa interessante discussione che non è certo la prima volta con Vincenzo che si opina che il "pensiero magico" sia agli goccioli .. Mi piace -per esempio- citare questo passo di Jung: da Psicologia dei processi inconsci (Ed Newton) pagina 57: cit: "Per gli gnostici l'uomo pneumatico era naturalmente il più elevato. Il Cristianesimo con la sua natura psichica ha tuttavia contestato allo gnosticismo questo diritto di priorità. Ma nel corso della storia anche questa pagina può esser voltata; se non tutti i presagi ingannano, siamo proprio alla resa dei conti finale dell'epoca Cristiana [--]" Sostanzialmente la tesi di Vincenzo, Jung, et altri è che man mano che l'evoluzione umana progredisce si potrà sempre più fare a meno delle ragioni di innesco del "pensiero magico" .. che sarebbero eminentemente di autorassicurazione, per la psiche. Secondo me, Einstein, et altri non è la ricerca del "non ripetibile" un retaggio dei primordi, ma un interesse cognitivo terzo alla scienza. [Laddove ad esempio Einstein -in Logica della scoperta scientifica- afferma che non è realizzabile un caso superpuro, ossia una misura non affetta da errore, neanche sul piano teorico, se tale piano si riferisce alla praxis]. La scienza -come è noto- si interessa solo dei fenomeni ripetibili. Chi investiga -allora- quelli che fossero non ripetibili? Li investiga -appunto- il "soggettivismo del singolo", che non deve dimostrare a nessuno un fico secco, poiché fa un'esperienza personale, non applicabile ad altri identicamente. Secondo alcune teorie, inoltre, la scienza sarebbe un "tentativo di comunicare a terzi le informazioni di ciascuno". Da ciò la speranza di poter oggettivare il reale e quindi trasferirlo a prescindere da chi aprirà la scatola per vedere cosa c'è dentro, poiché si suppone debba vedere sempre lo stesso evento, se l'evento è quello [trascurando che (anche solo) lo scorrerere del tempo crea meta-morfé, mutazione della morfé, della forma, trasformazione]. Tentativo meritorio, quello della scienza, nessuno lo nega. Perché mette -la scienza- in comune ad una collettività ciò che singolarmente fosse trovato come conoscenza, dati, invenzioni, etc. C'è però chi dice che nel rendere A=A il basamento della logica anziché A(tn)=/=A(tn+1), si commetta un errore. E quindi la scienza si *autorassicurerebbe di avere verità di cui non dispone*. : - ) Accusando il "pensiero magico" anziché fare autocritica su se stessa e quindi carattere autocorettivo, come direbbe Popper. Questa ultima tesi -del resto- è confermata dalla *teoria della misura* che -con l'evoluzione della misura- non trova mai due grandezze perfettamente uguali, anche se precedentemente sembravano esserlo. Il "pensiero magico" -allora- non in base a presagi (come dice Jung), ma a puro ragionamento(!) logico e sperimentale, potrebbe anche essere accorgersi che la scienza deve evolvere nel concetto di soggettività e non autorassicurarsi con l'utopia del riuscire a replicare perfettamente enti e/o eventi. Saluti, grazie dell'argomento, e della tua brillante trattazione Vincenzo, L