Subject: Re: Dfinizione del filosofo Date: Sat, 05 Apr 2008 18:46:08 GMT From: "Davide Pioggia" Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.cultura.filosofia.moderato Marco ha scritto: > Infatti potresti dire, coerentemente, che quella messa in questione fa > parte *proprio* della mia "strategia esistenziale". Così ogni mia messa in > questione di quella categoria si specchierà, nella tua posizione, come un > mio permanere all'interno della mia "strategia esistenziale". Viceversa, > questo specchiarsi stesso si specchierà, nella mia posizione, come un > prolungamento della tua permanenza all'interno del "nichilismo" e delle > sue premesse fondamentali. Infatti, è per questo che ti dicevo che la cassaforte non si scardina con i "ragionamenti". Un delirio autoreferenziale non può essere attaccato frontalmente. E d'altra parte anche ciò che sto dicendo ora, come giustamente dici tu, non è altro che un mio permanere all'interno della mia posizione: più ti dai da fare per farmi vedere che ho torto, più mi confermi che ho ragione. Ci vogliono altre tecniche. Quando Fermi e i suoi collaboratori scoprirono quasi per caso che il nucleo atomico poteva essere spaccato bombardandolo con dei neutroni lenti, tutti rimasero molto sorpresi. Prima di allora si era pensato di poterlo fare con la forza, usando grandi energie, e qualcuno in seguito ha detto che era come se dopo aver assediato per anni un castello cercando di abbatterne le mura con i cannoni alcuni ragazzini fossero riusciti a tirar giù il torrione con una fionda. Se ripercorri mentalmente gli argomenti di cui mi sono occupato fin da quando ho messo piede qui, ti puoi rendere conto facilmente che ho sempre parlato di questo: come si fa ad "aprire un sistemone chiuso", la possibilità di aggredirlo dall'esterno o di renderlo instabile dall'interno, eccetera. A me alla fine interessano solo le strategie che la psiche usa per proteggersi e mantenere le sue difese, le tecniche di stabilizzazione e destabilizzazione di un sistema di credenze, e altre cose così. In questo contesto i "teoremi di logica" per me sono solo un possibile strumento da impiegare all'interno delle strategie di stabilizzazione e destabilizzazione delle difese. Ad esempio se qualcuno mi mette sotto gli occhi una evidenza che mi urta fortemente, io cerco subito di cancellarla per mezzo di razionalizzazioni che mi permettano di liquidarla come illusoria o irrazionale, e lo stesso fanno le persone che mi circondano quando io tento di portare la loro attenzione su evidenze che a me non producono conflitti, sicché non devo difendermi da esse. > A questo punto, si tratterebbe di individuare un orizzonte logico > comune, chiamiamolo pure "la ragione", in cui la categoria di "strategia > esistenziale" possa essere resa oggetto di una indagine del suo > significato, in modo tale che tu non possa nuovamente qualificare > questa indagine come facente parte di una "strategia esistenziale". Figurati. Per ogni parola che hai scritto qui sopra mi vengono in mente dieci possibili obiezioni: non la sfanghi. Sia tu che io veniamo da una cultura plurimillenaria di tipo imperiale che ha dovuto usare in modo massiccio lo stupro della ragione per imporre ideologie di massa in grado di spremere le energie fisiche e mentali dell'individuo a favore della collettività, rendendolo disponibile a sacrificare la propria individualità per produrre beni, allevare figli e farsi massacrare in battaglia. Per secoli alle generazioni che ci hanno preceduto è stato imposto di credere e pensare che due più due faceva cinque (o altri stupri analoghi con i numeri), che un divieto esplicito contenuto in un testo di riferimento andava reinterpreto nel suo contrario e che invece su una parola ambigua contenuta nello stesso testo si poteva fondare la legittimità di un abuso di potere. Ora, io so bene che due più due fa quattro, come lo sanno tutti, ma ormai anche a me dà quasi fastidio dirlo, e se qualcuno mi viene a dire che due più due fa quattro provo anche io quel desiderio un po' sadico di stuprare la verità, su cui si è fondata tutta la storia plurimillenaria dell'Occidente. E d'altra parte non mi mancano certo gli strumenti per farlo, visto che proprio questa tradizione culturale me ne fornisce a iosa. Tempo fa ti avevo invitato a dare una occhiata al documentario _L'illusione di Dio_ realizzato da Dawkins, che si può trovare facilmente in rete. Ebbene, Dawkins decide di uscire dal suo campus universitario - dove le maestranze degli immigrati (solitamente religiosissimi e altamente prolifici) tengono puliti gli edifici e tosati i prati - per andare ad affrontare sacerdoti e predicatori e sfidarli a discutere dei fondamenti razionali della loro fede. Dal mio punto di vista - quello che ti esponevo sopra poco fa - questa è forse la più grande delle follie, ed è pure una cosa un po' stronza, per lo meno filo al giorno in cui cui non saranno Dawkins e i suoi amici atei a dare lo straccio in aula magna e tosare i prati del campus, magari nell'ora buca. Ma Dawkins evidentemente non la pensa come me, e si lancia nella sua opera missionaria per portare la ragione nel mondo. Fra le varie avventure che gli capitano, si viene a trovare faccia a faccia con il potente predicatore di una setta messianica, e l'incontro lo puoi vedere qui, a partire dal 5° minuto del filmato: http://snipr.com/1ns6w A me, come sai bene, Dawkins sta poco simpatico, ma quando vedo la sua faccia amareggiata e preoccupata, mentre sullo sfondo il predicatore fa ripetere in coro alla folla i fondamenti del loro credo, un po' lo capisco. Ad un certo punto il povero Dawkins si ritrova a faccia a faccia con il predicatore, e va subito sotto perché mentre l'altro gli parla con il suo ghigno stampato sulla faccia, Dawkins diventa terreo, gli si contraggono tutti i muscoli della faccia, e gli scappa detto che ciò che ha visto gli ricorda il Raduno di Norimberga. A questo punto Dawkins ha già perso la partita, e il predicatore prima si mette a ridere facendo finta di incassare di buon grado l'ironia di Dawkins, poi gli parte in contropiede, affermando che la loro setta abbraccia totalmente e senza riserve il metodo scientifico, che proprio il metodo scientifico ci impone di non dare nulla per scontato e dimostrato, e che se proprio c'è qualcosa che si può considerare dimostrato con la massima evidenza è la certezza storica di certi fatti narrati in certi loro testi che essi considerano ispirati o qualcosa del genere. Dopodiché, quando Dawkins cerca di dirgli che la Terra ha qualche miliardo di anni, con il solito ghigno e con fare accondiscendente il predicatore cerca di spiegare allo scienziato che quest'ultimo sta facendo un errore metodologico e ideologico, trasformando una ipotesi in una realtà di fatto. A questo punto Dawkins è spacciato: la contrazione della faccia gli si trasforma in un tremore, mentre l'altro - anche se più faticosamente di prima - riesce a mantenere il suo ghigno, e ha gioco facile nell'accusarlo di arroganza intellettuale e - in definitiva - di una sorta di dogmatismo fanatico. Ora, tu sai bene che io sono in prima linea nel denunciare il dogmatismo dello scientismo, ma che un predicatore messianico riesca ad accusare di dogmatismo uno come Dawkins, che da decenni si sbatte per cercare di formulare ipotesi e sottoporle continuamente al confronto con i dati osservabile e calcolabili, sempre pronto a rigettare (come ha fatto pochi mesi fa, abbandonando una ipotesi a favore della quale si era battuto a lungo e ammettendo pubblicamente di essersi sbagliato), ecco, che il predicatore riesca a fare una cosa del genere, effettivamente è una cosa che un po' sgomenta. Ma bisogna anche dire che Dawkins se la è andata a cercare, perché egli resta tenacemente (e follemente) convinto che quel confronto fra scienza e fede si giochi sul confronto razionale delle ipotesi sulla sviluppo della vita sulla Terra, mentre noi che siamo fuori e possiamo seguire tutte le contrazioni dei muscoli della faccia di Dawkins e del predicatore ci rendiamo conto benissimo che si gioca tutto a livello di grandi passioni irrazionali e delle strategie psicologiche che ognuno dei due adotta per trionfare sull'altro. Per noi, che vediamo la cosa da fuori, è evidente che quel confronto è un confronto psicologico, ma Dawkins per proteggere il suo delirio di onnipotenza la psicologia la deve negare, per cui se gli chiedessimo di "spiegarci scientificamente" tutta la successione delle contrazioni e dei tremori dei muscoli della sua faccia probabilmente si chiuderebbe sulle sue posizioni, o comincerebbe a dire che non è quello il punto, che si sta parlando di ipotesi scientifiche circa lo sviluppo della vita sulla Terra, e altre menate del genere, e alla fine - qualora tentassimo di insistere - ci manderebbe a quel paese. E se noi, anziché osservare in tutta la loro evidente concretezza i movimenti dalla faccia e degli occhi dei due interlocutori, ci fossimo lasciati distrarre dalle razionalizzazioni che ognuno dei due cerca di costruire a sostegno delle proprie credenze, avremmo perso di vista ciò che sta sotto gli occhi di tutti e magari ora ci ritroveremmo qui a discutere su quali siano le "prove scientifiche e razionali" che la Terra abbia miliardi di anni. Ma con tutta l'evidenza fattuale che c'è stampata sulla faccia di Dawkins e del predicatore, figurati se mi vado ad impicciare dei fossili dei trilobiti. > Ma se noi presupponiamo una disgiunzione tra "me" e "te", è con ciò > già venuta meno la possibilità di un simile orizzonte logico comune. Ecco, ma siccome la disgiunzione fra "me" e "te" c'è, questo dovrebbe metterti l'anima in pace e convincerti che l'unico uso sensato che si può fare dei testi di filosofia idealistica è quello di accendere il camino per cuocere la salsiccia o i seppiolini. Invece no, stai qui da anni a menartela (e menarmela :-) ) con lo Spirito Assoluto, la mera apparenza dell'io individuale e altre cose del genere. Su questa cosa con te non si può discutere, perché sei fuori di testa. Io probabilmente sono più fuori di testa di te (se non altro perché ti sto a sentire :-) ), per cui di solito me ne sto zitto e ti lascio dire; ma su questa cosa del "te" e del "me" *tu* sei fuori di testa, credimi :-) > Questo mi sembra essere il tuo schema. E' ovvio che esso implica una > antropologia fortemente negativa, direi tragica: Beh, sì, il fatto di essere fottuti talvolta può essere effettivamente un po' seccante :-) > ciò che massimamente non vogliamo che accada, è ciò che massimamente > accade, visto che è la natura stessa dell'essente: l'essere strappati > all'essere (che evidentemente non ci ama così tanto da tenerci in grembo > "da sempre e per sempre"). Hai notato che, gira gira, riusciamo sempre ad antropomorfizzarlo? Lui, l'Essere, non ci vuole bene: ci lascia precipitare nel nulla, indifferente o persino crudele. Invece Leopardi se la prendeva con la Natura Matrigna: «O Natura, o Natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?». Insomma, quando non è il babbo è la mamma, ma sempre lì siamo :-) > Altrettanto ovvio è che tu contrapponi questa tragicità, che sei disposto > a riconoscere, alle immani tragedie storiche in cui le ideologie che hanno > voluto progettare un destino collettivo di salvezza si sono risolte. > Perciò tu tendi a sentire "puzza di bruciato" (o di carne putrefatta), > ogni volta che qualcuno viene a farti un discorso che ha in qualche modo > a che fare con la salvezza. E tuttavia sei le mille miglia lontano dai > vari Dawkins per i quali il fatto che Dio, cioè l'Essere che non lascia > mai l'essente, non esiste, dovrebbe dopo tutto renderci felici. > Ecco, diciamo che - dal *tuo* stesso punto di vista - tu sei proprio il > tipo ideale cui un Testimone dell'Essere proverebbe a bussare al citofono > la domenica e a lasciare qualche opuscolo sul Regno dell'Essere:-)). Mah, per il momento quelli che giravano con gli opuscoli hanno smesso di suonare da me: si vede che mi considerano un caso irrecuperabile, e avranno giustamente pensato che non ha senso perdere tempo a cercare di salvare la mia anima irragionevole, quando nella metà del tempo che si impiega per non salvare la mia se ne possono salvare una decina di ragionevoli. A parte questo, mi permetto di ricordarti che tutta questa menata sull'Essere e il non-Essere, sull'Essere e il Nulla, sull'uomo solo davanti alla possibilità dell'impossibilità, tutta questa menata che da secoli e millenni riempie i pensieri e le pagine di fior di filosofi e teologi, tutta questa menata - dicevo - non trova alcuno spazio nel pensiero e negli scritti delle donne. Non è che esse non siano in grado di parlarne, perché l'ontologia alla fine non è concettualmente più difficile di altre discipline in cui le donne sono presenti; no, è che proprio non gliene può fregare di meno. Se tu ti metti a fare una menata sull'Essere ad una donna, anche se quella ha due lauree in filosofia sviene dalla noia dopo cinque minuti. Invece sono bravissime ad occuparsi di pedagogia, sociologia, psicologia, e le filosofe danno alla loro filosofia un taglio che ha molto a che fare col sociale o la politica. Mentre il filosofo se ne sta solo di fronte all'Essere che si erge come un monolito silenzioso e minaccioso nella sua immobile indifferenza, la filosofa - nei limiti che le sue inibizioni le concedono - cerca di immergersi nella carne dei corpi e nello spirito delle relazioni umane. Dell'Essere non gliene può fregare di meno. Ora, questo è un fatto dannatamente concreto: se parli dell'Essere a una donna, quella sviene di noia dopo cinque minuti, mentre tutti coloro che passano la vita a scrivere migliaia e migliaia di pagine sull'Essere hanno il pisello (un po' incasinato, ma ce l'hanno). Detto questo, è noto che una correlazione non dimostra nulla: se A appare sempre in concomitanza di B non possiamo stabilire un nesso causale necessario fra A e B. Tuttavia non possiamo neanche dire che è un caso: una "spiegazione" bisogna pur cercare di darla. L'ultima volta che ho cercato di fartelo notare, te ne sei venuto fuori con un discorso complicato circa il fatto che prima di poter dire questa cosa dobbiamo dimostrare che esiste una cosa come il "pensiero femminile", eccetera eccetera, ché dopo un po' mi sono perso. Ora ci riprovo: non dobbiamo dimostrare nulla, ma dobbiamo semplicemente prendere atto che ci sono degli esseri umani con pisello e altri senza (non voglio darti un dispiacere, ma le cose stanno proprio così) e che le menate che noi continuiamo a definire una condizione esistenziale universale e imprescindibile sono delle menate che ossessionano per tutta la vita alcuni di coloro che hanno il pisello, mentre una parte di coloro che hanno il pisello e tutte quelle che non ce l'hanno di queste cose se ne fregano alla grande e non ci perdono nemmeno cinque minuti. Ebbene, tu come te la spieghi questa cosa? O non credi che in qualche modo vada spiegata? Se uno mi fa notare che tutte le orbite dei pianeti sono delle ellissi, io non mi do pace fino a quando non ho trovato una teoria all'interno della quale quella cosa trova un spiegazione. Ovviamente il fatto di trovare una siffatta teoria non garantisce che essa sia "vera", tuttavia mi sembra sensato usarla come ipotesi di lavoro e provvisorio punto di appoggio. Invece se comincio a tergiversare, ponendomi domande sulla vera natura delle ellissi, e chiedendomi se le ellissi che ho osservato sono veramente delle ellissi, allora sto semplicemente eludendo il problema ed adottando delle strategie di evitamento. O no? -- Saluti. D.