Subject: Re: Dfinizione del filosofo Date: Fri, 4 Apr 2008 13:47:59 +0200 From: "Marco V." Organization: TIN.IT (http://www.tin.it) Newsgroups: it.cultura.filosofia.moderato "Davide Pioggia" ha scritto nel messaggio > Sì, questa è la tua strategia esistenziale. >[...] > Ecco, innanzi tutto devo dire che questa domanda che mi poni (perché è > questa la domanda che mi poni, vero? :-) ) è proprio una bella domanda. Beh, sì, puoi dirlo forte: è proprio, evidentemente, la mia domanda:-). Incidentalmente, proprio qualche giorno fa dicevo ad un amico che se dobbiamo trovare la cifra essenziale della civiltà europea, molto probabilmente la potremmo reperire nel fatto, e in ciò che ha reso possibile questo fatto, che tale civiltà è la prima nella storia ad aver contenuto, nel proprio sapere prognostico, la previsione scientifica degli "n mesi di vita". Planetarizzare la civiltà europea significa e significherà planetarizzare queste cose qui (alle quali sono ovviamente connessi i "diritti dell'uomo" etc.: finché, infatti, in una società non si sarà radicato un sapere in grado di dire all'individuo "hai un tumore al pancreas e ti restano una manciata di mesi di vita", i "diritti dell'uomo" faranno enorme fatica ad attecchire in quella società). E' evidente, poi, il gioco dello specchio: *che* la mia posizione implichi la messa in questione della categoria di "strategia esistenziale" (ovvero delle categorie sulle quali la categoria di "strategia esistenziale" è fondata), non implica che tu, per discutere la mia posizione, sia costretto ad accettare quella messa in questione. Infatti potresti dire, coerentemente, che quella messa in questione fa parte *proprio* della mia "strategia esistenziale". Così ogni mia messa in questione di quella categoria si specchierà, nella tua posizione, come un mio permanere all'interno della mia "strategia esistenziale". Viceversa, questo specchiarsi stesso si specchierà, nella mia posizione, come un prolungamento della tua permanenza all'interno del "nichilismo" e delle sue premesse fondamentali. A questo punto, si tratterebbe di individuare un orizzonte logico comune, chiamiamolo pure "la ragione", in cui la categoria di "strategia esistenziale" possa essere resa oggetto di una indagine del suo significato, in modo tale che tu non possa nuovamente qualificare questa indagine come facente parte di una "strategia esistenziale". L'esistenza di un simile orizzonte varrebbe come prova della non-trascendentalità di quella categoria. Ciò significherebbe che quella categoria non ce la fa, da ultimo, a rispecchiare ogni discorso, ma esiste un discorso che *non* si fa rispecchiare da essa, *ed* in cui è *essa* a rispecchiarsi, mostrando così il suo autentico significato. Ma se noi presupponiamo una disgiunzione tra "me" e "te", è con ciò già venuta meno la possibilità di un simile orizzonte logico comune. Anzi, direi che questa disgiunzione fa parte proprio delle premesse fondamentali su cui è fondata la categoria di "strategia esistenziale". Vedi bene, allora - come se poi tu non lo sapessi già:-) - che l'individuazione di quell'orizzonte logico comune, in grado di rispecchiare, senza farsi da essa rispecchiare, la categoria di "strategia esistenziale", ha delle condizioni di possibilità molto "forti": addirittura, la negazione della disgiunzione tra "me" e "te". > Per te tutto ciò è assurdo. Per te o si riesce a salvare fino all'ultimo > pelo della barba di Socrate, oppure è tutto perduto. Se c'è un solo pelo > della barba di Socrate che era ed ora non è più, allora tutto l'universo è > destinato ad essere inghiottito dal nulla, e non esiste altro orizzonte > che > non sia il nulla. Ti dico subito che io sono perfettamente d'accordo con > te: > se viene a mancare un solo pelo della barba di Socrate allora siamo > fottuti. E' un po' quello che diceva Hegel: se venisse a mancare un solo granello di polvere nell'universo, allora la totalità dell'universo andrebbe in rovina. E' chiaro che tu accetti questo condizionale ma, introducendo nel suo conseguente il nostro "essere fottuti" in luogo dell"andare in rovina" dell'intero universo, disinneschi il modus tollens: non c'è nessuna ragione per la quale noi non dovremmo poter essere fottuti; ed anzi, tutti quelli che hanno fatto uso di quel condizionale o di altri analoghi per dimostrare la "salvezza", hanno trasformato in una premessa teoretica la loro disperata volontà di non essere fottuti dal nulla. Invece, tu applichi il modus ponens: è evidente che l'essere non è tutto(=in ogni essente) interamente salvo, e dunque, in base a quel condizionale, è proprio vero che noi siamo fottuti. Si tratta allora di vedere, come dici, <> - se, cioè, ce la facciamo, lasciando che qualche grande narrazione svolga la sua funzione essenziale, ad occultare la verità del nostro essere fottuti, quella verità che, non occultata, e dunque lasciata libera di dominare, sarebbe *già* il nostro essere fottuti. E di nuovo: visto che per te si tratta di una verità, *qualunque* tentativo di interrogare il fondamento di questa verità trascinandola sul piano della ragione - su quel piano, cioè, in cui essa (ovvero la sua costituzione stessa di "verità") esibisca un contenuto proposizionale sottoposto alla possibilità di essere contraddittorio - ti appare come una strategia di occultamento. La possiamo mettere (saltando qualche passaggio riguardante la distinzione tra forma e contenuto) anche così: per te ogni atto di esistenza è intriso di quella verità (in quanto in qualche modo occultata), sì che qualunque operazione intellettuale che volesse trascinare quella verità sul tavolo operatorio della ragione, non potendo essere altro che un atto di esistenza, sarebbe intriso di quella verità; questa verità, dunque, viene "prima" di qualunque operazione intellettuale che volesse condurla nel luogo della possibilità della sua impossibilità. Questo mi sembra essere il tuo schema. E' ovvio che esso implica una antropologia fortemente negativa, direi tragica: ciò che massimamente non vogliamo che accada, è ciò che massimamente accade, visto che è la natura stessa dell'essente: l'essere strappati all'essere (che evidentemente non ci ama così tanto da tenerci in grembo "da sempre e per sempre"). Altrettanto ovvio è che tu contrapponi questa tragicità, che sei disposto a riconoscere, alle immani tragedie storiche in cui le ideologie che hanno voluto progettare un destino collettivo di salvezza si sono risolte. Perciò tu tendi a sentire "puzza di bruciato" (o di carne putrefatta), ogni volta che qualcuno viene a farti un discorso che ha in qualche modo a che fare con la salvezza. E tuttavia sei le mille miglia lontano dai vari Dawkins per i quali il fatto che Dio, cioè l'Essere che non lascia mai l'essente, non esiste, dovrebbe dopo tutto renderci felici. Ecco, diciamo che - dal *tuo* stesso punto di vista - tu sei proprio il tipo ideale cui un Testimone dell'Essere proverebbe a bussare al citofono la domenica e a lasciare qualche opuscolo sul Regno dell'Essere:-)). Un saluto, Marco