Subject: Re: vivere un coma mentale Date: Sun, 14 Jun 2009 08:59:59 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia Halfhawk wrote: > > salve > quando si arriva ad una certa età,34 anni e ti ritrovi ,senza amici,senza > una ragazza ed ultimamente anche senza lavoro,che almeno quello ti teneva > impegnato e ti teneva più tranquillo;pensi che stai vivendo la stessa > vita,che sta vivendo una persona in coma. > Gli anni passano in fretta...ma cosa succederebbe ad una persona se a quella > età riuscirebbe ad uscire dal coma?? > riuscirebbe a costruirsi una vita normale ?? riuscirebbe ad inserirsi in > questa società? > anche se come sappiamo a volte anche il risveglio è impossibile C'era un leader della sinistra (Dalema) che diceva che lui «avrebbe voluto vivere in un *paese normale*». Purtroppo/per_fortuna (a secondo se si guarda il bicchiere mezzo vuoto oppure mezzo pieno) non è scontato nulla. Né esiste reificato il concetto di normalità. Basterebbe esaminare cosa dica la teoria della misura sul "valore atteso". Nella teoria della misura il valore atteso non è mai quantificabile esattamente, anche se lo strumento ci diceva che avevamo misurato nella precedente esperienza un valore certo: l'interferometro potrebbe dire -se misuriamo una lunghezza- una lunghezza sul visore. Ma chi ci dice che dopo un minuto non sarà cambiata la temperatura, l'umidità, la pressione, etc? Certo, potremmo fare il test anche di queste altre grandezze per potere ragionevolmente dire che -se le grandezze da cui dipende principalmente il fenomeno sotto misura- non sono mutate .. allora .. è ragionevole pensare che il fenomeno sia nel suo stato "normale", ossia non abbia subito deformazioni. Ma chi ci dice che dipende -il fenomeno- solo dalle grandezze principali? : - ) E' -anzi- più ragionevole pesare che ogni ente sia influenzato/influenzabile (con valore ponderale dissimile) da _tutti gli altri enti_ che però non sono limitati da una raccolta al finito. E qui nasce la scienza e lo scire (scientiam da scire, nel senso di sapere, sapere come cognizione relativicizzata ai dati disponibili), ossia il sapere selezionare solo una astrazione, un modello, a scopo funzionale e non di conoscenza assoluta del reale, senza un concetto di una verità assodata, normale, indiscutibile. Relativicizzando tutto ciò al dominio del campo psicologico .. : - ) "il triste risveglio" in una realtà che non ci piace (come se ci svegliassimo da un coma, in cui il reale si sia evoluto/involuto senza un nostro apparente più o meno accentuato consenso) .. andrebbe riconsiderato in un nuovo orizzonte: L'orizzonte dell'analisi (psico-analisi), ossia della raccolta dei fatti in relazione a ciò che psicologicamente ci interessa (per esempio perché abbiamo poche conoscenza femminili o maschili). L'orizzonte della sintesi (che potremmo dire psico-sintesi, o progetto delle nostre azioni), ossia di cosa posso fare io per l'America (come diceva un presidente americano) e non solo cosa può fare l'America per me! Molti hanno aspettato la dinamica di "aspettando Godot", ossia che debba sopraggiungere "da fuori" la condizione che la nostra vita raggiunga una possibilità di raccogliere la nostra gioia e il nostro consenso. Ciascuno, nella filosofia, nella storia, etc, ha proposto le sue ricette. Quello che a me risulta e che difficilmente qualcuno può sostituirci nel nostro fare (il che pure accade, in casi estremi come nei TSO) a meno di non voler vivere come dei "minus habens", dei minorati mentali, minorati della possibilità -quindi- di poter dire l'ultima parola su ciò che attiene a noi stessi. Ciò non toglie che quando il gioco si fa duro, solo i duri possono giocare, salvo essere travolti da forze che sovrastano la capacità dei singoli .. introducendoci alle dinamiche di massa. Per mio diletto filosofico/psicologico io sono molto interessato alle dinamiche di massa, poiché come si comporta una massa di persone è un problema che mi pertiene, in quanto influenza anche il mio agire e la mia vita. Naturalmente come si comportano le masse -ti accorgerai se vorrai interessartene- interessa anche il potere, coloro che detengono un potere a vario titolo: politico, legislativo, giudiziario, esecutivo (il governo del paese), bancario, massmediale, di informazione, culturale, su informazioni riservate (intelligence, o dei servizi segreti), amministrativo di risorse condivise, scientifico, nella ricerca, nello spettacolo, sui vecchi e nuovi media, etc. Nel positivismo tedesco -recentemente- (oppure nel divide et impera della cultura dell'impero romano), ma anche in oriente (basterebbe studiare l'arte della guerra di Sunzi) (http://it.wikipedia.org/wiki/L%27arte_della_guerra) fu molto investigato per esempio da Adler (http://it.wikipedia.org/wiki/Alfred_Adler) come sia da classificare il "desiderio di potere" tra le maggiori pulsioni che motivano il nostro singolo agire e nelle masse, ritenendolo una pulsione primaria -secondo certuni- (per esempio Nietzsche) (http://it.wikipedia.org/wiki/Friedrich_Nietzsche) superiore a ogni altro desiderio (maggiore del desiderio di denaro o di sesso, che sarebbero conseguenti all'ottenere potere, e quindi gerarchicamente inferiori). Nei detti della mafia, ad esempio, c'è la frase "cumannari è meju ca futtiri" (comandare è meglio, da più soddisfazione, che l'atto sessuale). Ti consiglio -infine- di riflettere sul concetto di "spazio esistenziale" su cui un grande maestro fu Diogene: Al re che gli diceva che cosa avesse desiderato rispose: "Che tu ti tolga tra me e il sole". http://it.wikipedia.org/wiki/Diogene_di_Sinope E' noto l'aneddoto antico: vedendo Diogene camminare di giorno ad Atene con una lanterna accesa, i curiosi gli chiedevano il motivo, ricevendo la risposta: Sto cercando un uomo. Saluti felicità, L