Subject: Re: Domato Date: Sun, 28 Jun 2009 12:59:07 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia Massimo Soricetti wrote: [...] > MA... mi chiedo e vi chiedo... e se si è dei tipi che non trattano? Se > la persona in questione è uno che non scende a compromessi, un > massimalista, o magari solo una persona con abilità sociale sottozero? > Riuscirebbe uno così a non diventare un malfattore, oppure a non > sentirsi uno schiavo per tutta la vita?? Non si può scrivere una storia reale se non dopo averla vissuta. Altrimenti stiamo scrivendo un romanzo, stiamo facendo un esercizio letterario. A volte -è vero- i romanzi mescolano un po' di vissuto e un po' di invenzione .. per non dover dire di chi si stiano raccontando i fatti, e lasciare un messaggio, magari implicito, oltre la sfera della cognizione, inseguendo -magari- una emozione. Così, per esempio, molti letterati hanno scritto della pazzia. E spesso in quelle pagine c'è più verità di quanta se ne possa trovare in un trattato di psicologia e/o psichiatria. Questo breve antefatto per dire che non possiamo generalizzare a tutti la storia di qualcuno. La remissività è l'atto di accettare la vita, i compromessi? Ribadisco che ciascuno scrive la sua storia, non se ne può estrarre una regola generale. Nella psicologia c'è stato un periodo in cui alcuni affermavano che il ladro e l'assassino erano il "frutto" del contesto sociale in cui era vissuto il soggetto, inevitabilmente. C'è anche un bel film (una poltrona per due) di Eddi Murphy in cui due ricconi giocano a scommettere un dollaro che un povero preso dalla strada (con gli opportuni condizionamenti) può divenire un dirigente del mercato azionario & un dirigente può essere ridotto in miseria e non sapersi più risollevare. http://it.wikipedia.org/wiki/Eddie_Murphy http://it.wikipedia.org/wiki/Una_poltrona_per_due La storia racconta che non è vero e io e la moderna scienza -che studia se il reale sia deterministico e/o aleatorio- è daccordo: Il reale NON dipende solo dai fattori ambientali, ma ANCHE dal contributo dei singoli, in modo unico, soggettivo. Quindi il risultato di un processo è vero che dipende dalle condizioni al contorno (o dette Cauchy), ma anche dalla dinamica della funzione input/output del sistema in esame. Spesso si può usare per la dinamica (del modello di descrizione) un processo descrivibile in modo aleatorio, per esempio nell'estrazione dei numeri della tombola, ma non è detto che la descrizione sia il reale (ma una approssimazione del reale, in effetti). Se noi sapessimo come erano disposte le palline che venivano agitate e i movimenti che sarebbero stati fatti -> il sistema sarebbe stato deterministico, anche se abbiamo usato -per ignoranza- una descrizione aleatoria. Se cambiamo soggetto (colui che estrae i numeri, nell'esempio della tombola) a partire dalle stesse condizione iniziali, inoltre, vediamo che i risultati dipendono non solo dal contesto, ma da chi esegue le azioni (per esempio le estrazioni della tombola). Quindi la soggettività non è un fatto oggettivo, ossia la soggettività non è raccontabile rispetto ad uno standard. La scienza può -in sistemi massimamente complessi come la mente umana- andare -allora- per approssimazioni, ma non ha i dati per il determinismo, come avrebbe per processi semplici come la caduta di un sasso. Ci rivaluta -ciò- la dignità del nostro agire e non ci da l'impressione che il nostro fare sia senza la dignità della facoltà dell'intendere e del volere. Intendere e volere che vanno desiderati e non scansati. Si può desiderare -infatti- di volere scansare il nostro contributo come se fosse possibile vivere semplicemente subendo il fato. Ma nel fatalismo è garantita una una vita triste, fatta -magari- di scaramanzie, di cornetti per non andare a sbattere con la macchina, ma non della saggezza di padroneggiare i mezzi che dovremmo gestire se e quando ci risulti di saperlo/poterlo fare, senza droghe, alcool, avendo dormito, avendo la lucidità che è indispensabile nell'agire responsabile, per una vita che ambisca alla dignità della persona. Non quindi una scelta tra essere domati o indomiti. Ma una valutazione di ciò che abbia la dignità di essere accolto e perché. Un concetto di libertà di connotazione del nostro id, a costruire la nostra id-entità. Saluti, L