Subject: Re: controllo delle emozioni Date: Sat, 23 May 2009 10:28:05 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia > "repo" ha scritto nel messaggio: > > Il "romanzare" un concetto, attribuendolo all'esperienza di una "sciura > > maria" di cui nulla sappiamo, non mi sembra abbia tutta questa utilità, > > almeno non in un contesto dove si presuppone che ci si parli fra pari. Vincenzo Del Piano wrote: > Non c'entra nulla con questa tua verosimile osservazione ... ma in un libro > (assai stimolante) si definiva la Psicoanalisi un <>, non > solo nel senso che si sarebbe trattato di una "vicenda culturale" che pareva > fatta apposta per esaltare la (allora?) nascente concezione individualista > (che si voleva far coincidere con il "mito borghese" ...), ma anche nel > senso che avrebbe contribuito -proprio in quella logica individualista ...- > a costruire *per ciascuno* un romanzo personale pieno zeppo di "epos e > pathos" ... magari ponendo quel *romanzo* al posto di un'esistenza piana e > tranquilla fino alla monotonia; nevrosi a parte, s'intende ... :-) In effetti, su un piano storico, dopo la sbornia dello studio dei movimenti di massa, (basterebbe vedere la chiave di lettura del marxismo), si ritorna -con Freud- all'analisi delle più recondite pieghe del pensiero individuale. E -nel particolare- si cerca la chiave di lettura del senso complessivo dei perché. Freud va -con qualche difficoltà (il suo metodo fu accettato prima in USA che in Europa)- a cercare di mettere sotto la lente di ingrandimento del metodo scientifico persino i sogni, oltre che le psicopatologie della vita quotidiana. > Mi veniva in mente questa (denigratoria? :-)) concezione della Psicoanalisi, > proprio in risposta al "romanzare" intorno a una <> ... che cessa di > essere una qualunque <> ed assurge al ruolo di protagonista di > un "suo romanzo" degno di Tolstoj ... a misura che una reinterpretazione di > "segrete cose" ne individui una insospettata vicenda drammatica: o comunque > "degna di nota"; una vicenda avvenuta ... al buio degli spazi inconsci, ma > LI' TUTTA e per intero. La capacità di esplicitazione (e in questo senso di drammaturgia, nel senso di capacità di proiettare in una storia), è la base del concetto di equilibrio mentale come capacità di relazionarsi, quindi, di _flessibilità_mentale_. La neuropsicologia cognitiva prende a parametro della sanità mentale proprio la capacità di intuire il pensiero altrui, "sapersi mettere nei panni degli altri". Normalmente ciò avviene a livello linguistico, ma persino lo sdoppiamento in personalità multiple, quindi con una componente _non_ "controllata" rappresenta un equilibrio preferenziale. Nel crearsi un alter ego -come per esempio in "Marcellino pane e vino"- vediamo la risposta ad un esigenza di stato relazionale, gestito da una deformazione perché la situazione è deforme: Marcellino è solo. > E ... accessoriamente? ... mi chiedevo SE ed eventualmente *quanto* sia > possibile che il "cammino psicoanalitico" (a quelli ai quali questo piace, > naturalmente!) appaia -più ancora che la individuazione ...- la > *costruzione* della cronaca di una "vita parallela" a quella reale; un > "romanzo personale" nel quale vengono coinvolti -ad uno ad uno in ruoli di > insospettata significatività ...- i genitori, e le figure comunque prossime, > e tutte le antiche vicende quotidiane "sennò" banali e insignificanti. Userei l'immagine della ricerca del mattone fondamentale della materia dagli atomisti greci in poi .. E' oggi nota la particella elementare, *è stata individuata?* .. tramite la cui -appunto individuazione- sia possibile la costruzione di tutto il reale? NO. Non è che potrebbe essere che è _nostro_ il mito che le cose complesse si possano scomporre in enti e concetti elementari tramite la cui composizione sia possibile (autorassicurandoci) capire (cum capere), ogni cosa? E' -tale riflessione- una indagine sui pilastri su cui poggia il metodo scientifico. A mio modo di vedere il difetto sta nel manico: Il metodo scientifico si basa -infatti- sul concetto che si possa avere che .. A=A Dove il primo "A" a sinistra del segno di uguale sia un "A" reperito in un altrove del secondo "A" a destra del segno di uguale. Altrimenti avremmo una banalità: che ogni cosa è uguale a se stessa! Ma invece -secondo la scienza- una misura è ripetibile! esattamente ripetibile! (se il sistema ripete tutti i parametri del primo esperimento). Ossia dovremmo scrivere -più esplicitamente- che se si rispettano le stesse condizioni -al contorno- misurando (per esempio) il peso di una pietra -chiamiamola A- e la si misura al tempo t1, allora, se non muta la pressione, la temperatura, non va persa massa, non avvengono reazioni chimiche da cambiarne il peso, ossia la pietra sia un "sistema isolato", allora (dicevo), ri-misurando il peso anche della stessa pietra, ma in un tempo diverso, o un'altra pietra che rispetti tutti gli stessi parametri si possa avere la seguente misura senza errore: A(t1) = A(t2) Ora l'amico Popper notava che la scienza -però- necessita di carattere autocorrettivo. Ossia -prendeva atto- che una qualunque teoria -nel tempo- risulta solo approssimativa, affetta da errore che va ridotto, grazie alla critica. Quindi il postulato che A=A va considerato A(t1) '=circa' A(t2) Perché .. "anche ammesso che possa esistere un secondo A perfettamente identico ad un altro" -> siamo _noi-umani_ dotati di una quantità finita di capacità di elaborazione su basi di dati limitate -> a non potere pretendere di esplorare la completezza. E -umilmente e saggiamente- dovremmo dire che potrebbe pure essere che A=A, ma _a_noi_ non serve, poiché la nostra opinione è in continua mutazione ed elaborazione alla ricerca del vero e non nella tutela del vero già noto. Da ciò -come per Magritte- dobbiamo prendere atto che il quadro di una pipa non è una pipa -> ma solo la sua rappresentazione. Ed è una rappresentazione anche se fosse una foto o la migliore descrizione che si possa mai mettere dentro un cerchio al finito. Ne nasce «l'arte del cercare di intendere e del volere» che non può attendere la certezza del mattone base su cui costruire la verità purissima, ma deve scendere nell'etica: la nostra vita racconterà *chi eravamo noi* .. perché ciascuno di noi -come Ulisse- scelse per che mari andare .. ma lo farà per rappresentazione .. alla attenzione di chi sappia leggerla .. > E ... più IT rispetto al <>, mi chiedo anche > SE-e-quanto il "solo" fatto di vivere *se stessi* come protagonista di > cotanto "drammone romanzesco" non possa costituire (anche da solo, per > quanto suggestivamente e basta) un presunto buon motivo di auto-stima: come > dire < preoccuparmi>>. > > -- > Vincenzo ... "romanzescamente" <> :-)) Diedi -all'università- -automazione impianti -microelettronica (tecniche digitali di controllo) -calcolatori elettronici (anche qui controllo su macchine di Von Neumann) -controlli I -controlli II -misure per sistemi dinamici -misure elettriche -tesi sull'arbitraggio di una rete di computer [...] Quindi avrei molto da raccontare sulla questione del *mito del controllo* .. : - ) Io penso che misi tutti questi esami (in cui mi interessai anche del controllo del plasma, che si tenta da 50 anni, tanto per dire ..) perché la ragione vera .. era volere il controllo sul tema di Buddha .. il senso della vita e della morte .. La mia risposta attuale .. è che la vita necessita viverla come se dovesse continuare anche oltre la vita che conosciamo .. Secondo la scommessa di Pascal solo dopo potremo sapere se avevamo fatto bene .. e -in ogni caso- avremo ridotto l'ansia e la necessità di un over control (un controllo patologico tanto da toglierci la gioia di vivere ..) Saluti felicità, L