Subject: Re: Psicologia. Morale Date: Thu, 08 Nov 2007 09:17:55 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia Silvana del Lago wrote: > > Nel senso: ci sono rapporti fra la psicologia e la morale? come quando > si dice "la morale comune", o anche solo "la morale"? > > Forse ora dovrei definire "psicologia"? non sono capace. > > Provo con "morale"? > Viene da mores, i costumi. Leggi non scritte che regolano usi e costumi > nel senso del comportamento. > Uhm. Morale. Moralità. (Moralismo?) > > Riprovo con "psicologia". > La psicologia si occupa del comportamento. > Ma... nel senso di comportamento morale vs comportamento immorale? > Non mi pare. > > Forse non lo avevo capito fino a ora; può darsi. E forse devo fare un > riassetto nelle nozioni che ho su: psicologia, morale, comportamento. > > Ma la psicologia, non si occupa forse del comportamento *astenendosi* > dal giudizio? dal giudizio morale? > > -- > Ciao > Silvana Se ricordo bene ci siamo anche conosciuti di persona, cara Silvana, in uno dei raduni del Ng. Poni una domanda al limite dell'IT/OT, in psicologia (in Tema, fuori Tema, per coloro che non conoscono l'astruso linguaggio dei Ngs). Proviamo ad affrontare la questione dal punto di vista psico-antropologico: Si dice -in medicina- che il medico o lo scienziato debba agire nel suo codice deontologico: "in scienza e coscienza" Ora la psicologia che ha per oggetto l'argomento più complesso finora noto nell'universo (la mente dell'uomo) -> cerca di ricondurre sul piano della ripetibilità e oggettività la sua indagine e quindi di farsi "scienza". Ma a cosa ci si riferisce nel codice deontologico quando si parla di "coscienza"? Naturalmente alla "morale", alla ordinaria capacità di intendere e volere nel rispetto delle leggi e della società, senza prediche all'apologia di reato. Però come sanno quelli che studiano legge, in specie, le leggi della società e quindi anche i costumi (mores, da cui morale) sono in continua mutazione. Basterebbe ricordare che l'Italia è uno dei paesi al mondo con il maggior numero di leggi. Si è incerti persino su un suo censimento attendibile. Inoltre anche il rapporto numero di avvocati/popolazione è il più alto in europa e probabilmente nel mondo. http://www.intrage.it/attualita/2005/05/18/notizia10606.shtml Ma cerchiamo di stare al tema. La morale quindi è mutevole (cambia per esempio il "comune senso del pudore" per fare un esempio). Tu chiedevi quali sono i rapporti tra morale e psicologia. Come ti dicevo sono esplicitati nei codici deontologici degli ordini professionali, ma queste sono le incombenze dei professionisti. Io penso che a te -a noi- interessi -invece- 1) quando un fatto è morale cosa è a renderlo tale? 2) come si pone lo studio della mente in rif alla morale? Secondo me specificatamente un fatto diviene morale se -laicamente- rispetta le leggi sociali, ma poiché le stesse leggi sono mutevoli, ciascuno membro della società si riferisce (ecco la parolina magica) a «un'etica» che personalizza e che poi si confronta con gli altri. Se vogliamo fu il problema di Socrate nel bere/non bere la cicuta: Socrate ragionava così: "Ma se io ho usufruito della società e delle sue leggi quando erano a mio favore .. posso ora io derogare ad esse (che mi accusano di morte)? ... anche se le accuse io so essere false?" Secondo la morale "laica"(Socratica) la risposta è no! .. ed infatti Socrate beve la cicuta. Secondo la morale Ebraico/Cristiana -con Paolo di Tarso- la risposta è "dipende"! C'è una splendida canzone che dice: "Dipende? .. da che dipende? ..da come guardi il mondo tutto dipende!" C'è insomma l'avocazione a se stessi del diritto alla difesa (motivata). Da cui la celebre frase di Paolo di Tarso: "l'uomo è _sopra_ la legge". Ciò nell'impero romano era tassativamente _escluso_! La parola d'ordine era: "dura lex .. sed lex" Ossia la legge (sebbene dura) -> va applicata. Oggi si dice -nel senso comune- che la legge si applica per i nemici e si "interpreta" per gli amici .. : - ) Insomma ognuno se la racconta un po' come gli pare. Ma ritorniamo ai rapporti tra la morale [la causa che la genera (l'etica)] & la psicologia (dopo questo breve inquadramento storico/antropologico). «Se»/«fintanto che» la psicologia si pone su un piano di indagine "analitica" non necessita della morale. Dice Freud in Totem e Tabù: cit: L'analogia tra primitivi e nevrotici scende quindi assai più alla radice se supponiamo che anche tra i primitivi la realtà psichica, sulla cui conformazione non c'è alcun dubbio, coincise inizialmente con la realtà di fatto, che cioè i primitivi hanno fatto realmente ciò che, stando a tutte le testimonianze, avevano intenzione di fare. Non dobbiamo neppure lasciare influenzare troppo il nostro giudizio sui primitivi dell'analogia con i nevrotici. Bisogna considerare anche le differenze. Certo non esistono né tra i primitivi né tra i nevrotici le rigide distinzioni tra pensare e agire che riscontriamo in noi. Ma il nevrotico è inibito soprattutto nell'agire, in lui il pensiero sostituisce completamente l'azione. Il primitivo invece è privo di inibizioni, il pensiero si trasforma senz'altro in azione, per cui l'azione è per così dire un sostituto del pensiero. Ecco perché credo, pur senza pretendere ad asserzioni finali, che nel nostro caso si possa presumere: "In principio era l'azione". I fatti, quindi, possono essere esaminati con la asetticità del non schierarsi né a favore, né contro, perché sono fatti, non opinioni. Ma prima dell'atto? Quando è che un atto è auspicabile, consigliabile? Ossia il piano della "sintesi" è _esterno_ alla indagine psicologica e psicoterapeutica? Secondo la scuola Freudiana "sì", non si deve _mai_ interferire con le decisioni del soggetto in esame -> poiché l'interferire genererebbe "plagio", deprivazione dell'autonomia che spetta -come situazione inalienabile- al singolo. Il modello Freudiano prevede -insomma- una catarsi, una quasi automatica emancipazione dai propri guai, con la semplice coscienticizzazione di quali siano questi guai. Poi -in automatico- sarà "in principio era l'azione", ossia sarà lo stesso soggetto che deciderà se e come usare la quantità di dati ora (dopo la coscienticizzazione) disponibili. Secondo altre scuole, cito per esempio la scuola america di Berne "no", si può dire/proporre cosa sarebbe opportuno, secondo il terapeuta, lasciando -naturalmente- la scelta finale al soggetto. Berne dice che ciò funziona molto bene con i drogati e gli alcoolisti. Infatti -in genere- vengono da gruppi sociali in cui nessuno gli rassicurava che 1) potevano provare a smettere la tossico-dipendenza 2) potevano riuscirci 3) era loro diritto provarci 4) se fossimo stati al loro posto -noi- avremmo provato. : - ) Naturalmente anche le varie scuole si sono -oggi- ibridizzate, e oltre a ciò quel "in scienza e coscienza" porta ciascun terapeuta a considerare ciascun caso come "un caso a sé", e quindi a basarsi su "strategie" più ampie dei dettami di una singola scuola psicologica. Ma ho voluto sottolienare le dissimiglianze per mostrare come c'entrino molto con la morale e questa (la morale) sia legata non tanto allo studio scientifico/analitico dei fatti già accaduti (analisi), ma del futuro, della sintesi, quindi. Grazie del tema, senza il tuo aiuto, Silvana, difficilmente avremmo avuto questa opportunità, Lino