Subject: Re: Prove scientifiche dell'esistenza di Dio[?][la questione della struttura dell'induzione/teoria_dei_modelli] Date: Thu, 15 Oct 2009 08:28:53 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.cultura.filosofia LG wrote: > > Ecco i fatti: tu scrivi "DIO E' anche se noi non riusciamo a pensarlo!" > (l'evidenza in maiuscolo e' mia). > Questa proposizione, e tutto l'argomento precedente, e' fallace perche' cita > il qualcosa "Dio" (e una certa teoria sul verbo "essere" laddove scrivi > "e'", ma per il momento questo lo trscuro) dandone scontato in partenza il > significato, come se pre-esistesse ai modi in cui la mente umana lo > costruisce. Il mio argomento confutava proprio tale possibilita' di far > significare l'impensabile. Citare l'impensabile come fosse un qualcosa > (ente/entita',,,) e' una fallacia (io parlavo di inconcepibilita', ma in > buona sostanza e' lo stesso, riguarda l'incostruibilita' del pensabile da > parte della mente umana), perche' non si sa nulla di quello di cui si parla. > Almeno bisognerebbe PRIMA decidere se il citato e' precisabile come "un > qualcosa". Tu stai (contraddittoriamente) dicendomi che "non essendo > precisabile come 'un qualcosa', allora E' - di conseguenza! - 'un qualcosa', > e a questo punto ne discuti come se fosse "un qualcosa" referenziabile col > linguaggio, anche se non precisabile con esso. > > LG Trovo molto stimolanti (come al solito) le tue critiche LG, perché sono pertinenti. Ossia pertiene a quella dimostrazione (che io ho citato nel mio precedente intervento) l'interrogarsi come possa esistere qualcosa che io non riesca a classificare, col pensiero. E' propriamente la "questio" dell'induzione: "cosa è l'induzione?" Noto che sul ng di filosofia, su cui stiamo scrivendo, proprio tu citi degli scritti di Nelson Goodman, su tale tema: (Per chi voglia un cenno sulla biografia) http://it.wikipedia.org/wiki/Nelson_Goodman In particolare esaminiamo questo "contributo di Gooman": ++ cit on ++ Subject: Il paradosso di Goodman [frammento intervista con N.Goodman] Date: Wed, 14 Oct 2009 16:04:32 +0200 From: "LG" Organization: Tiscali Newsgroups: it.cultura.filosofia DOMANDA: Prof. Goodman, nel suo celebre libro intitolato Fatti, ipotesi e previsioni, Lei ha messo in luce i limiti dell'induzione, cioè di quel procedimento mediante il quale dall'osservazione di una serie di casi particolari si perviene ad una conclusione generale. Oggi, infatti, si parla comunemente del "paradosso di Goodmann": di cosa si tratta ? R.: Le farò un semplice esempio, che ci permette di capire che cosa significa parlare del colore attuale degli smeraldi e del loro colore nel futuro. Se osserviamo, in un dato momento, alcuni smeraldi verdi, possiamo legittimamente affermare: "questi smeraldi sono verdi". Si prevede, però, che altri smeraldi che si incontreranno in futuro saranno verdi e si stabilisce - per induzione - una sorta di principio generale, per cui se nei casi A, B, C e D gli smeraldi sono verdi, allora tutti gli smeraldi sono verdi. Questa regola dell'induzione non viene messa in discussione, finché non ci si rende conto che la regolarità che suppone implica l'uso di affermazioni semplicissime e di certi predicati abituali come il predicato "verde". Supponiamo ora di prendere il predicato "blerde". Determiniamone il significato: con "blerde" intendiamo un oggetto che risulta verde se esaminato prima di un tempo t, ad esempio, prima dell'anno 2000, e blu nel caso non sia esaminato prima dell'anno 2000. Ovviamente tutti gli smeraldi sarebbero "blerdi" perché tutti quelli che ho osservato fino al 2000 sono verdi e tutti quelli che non ho osservato ancora sono blu. Il problema è che se si ha la prova che nei casi A, B, C e D gli smeraldi esaminati sono verdi, si ha anche la prova che essi sono blerdi. Allora non si può stabilire se siano verdi o blerdi solo osservandoli, perché l'attribuzione dei predicati "verde" o "blerde" si basa, in realtà, sul medesimo processo. Quindi ciò che si ipotizza dipenderà dai concetti, dai predicati che si applicano: dal fatto che si dica che una cosa è blerde o verde. In entrambi i casi le prove empiriche saranno le stesse. Ma se si dice che sono verdi, operando così un'operazione sul futuro dell'ipotesi che tutti gli smeraldi siano verdi, allora si otterrà un risultato molto diverso da quello che si otterrebbe applicando il concetto di "blerde". Questo richiama la nostra attenzione sul notevole contributo che il nostro discorso (sia esso fatto di parole o d'altro) esercita su quello che chiamiamo "il mondo" e sul modo in cui lo descriviamo. Non è una questione di fatto, empirica e osservabile, se questo smeraldo è verde o blerde: è questione di come la mettiamo, per così dire. ++ cit off ++ Senza giocare a nasconderci, si dovrebbe ammettere che non stiamo trattando solo del principio di induzione, ma di "teoria dei modelli". Ora, è vero che l'induzione contiene dei "pre-giudizi", e -in base a delle "regole" impostate a priori- può risentirne (induzione) -nella ricerca- dell'esame del reale. E' vero perché -anche a posteriori- si può verificare che vi è un errore tra ciò che si è misurato e ciò che si pensava di misurare, anche se l'ipotesi fosse identica alla misura! Il fatto che la misura teorica, chiamiamola te-o, sia lo stesso valore della misura pretica, chiamiala te-p, ossia che misuriamo: te-o = te-p Sappiamo bene, ogni scienziato lo sa, che è dipendente da errore di misura e/o di modello, la identità precedente. Poiché ho appena trattato il tema (di come ciò sia giustificato) sul gruppo di psicologia moderato, mi scuserai se mi cito, ma poi passerò a una critica al pensiero di Goodman, a cui sembra che tu ti appoggi: ++ cit on ++ Subject: Re: archetipi Date: Tue, 13 Oct 2009 10:34:51 GMT From: L Organization: [Infostrada] Newsgroups: it.discussioni.psicologia References: 1 , 2 , 3 , 4 Solvejg wrote: > > Dunque... vediamo se riesco a starti dietro! :-) > > Mi ha colpita in particolar modo il parallelismo fra le teoria junghiana > degli archetipi (mattoni della vita psichica) e la teoria quantistica di > Heisenberg, che (se ho capito bene!) affermerebbe un principio in netto > contrasto: la materia che non è scomponibile all'infinito e non è uniforme > ma quantizzata (a proposito: che significa quantizzata?). > > Mi illumineresti, in termini più semplici se è possibile, su questo dal > punto di vista scientifico? > Cosa significa che la materia potrebbe essere sconnessa e non procedere per > successione? Dunque, a mio modo di vedere, bisognerebbe prendere atto che la conoscenza, scientifica o no, si modifica nel tempo. Dico scientifica o no, perché la scienza -per postulato fondativo- si interessa del "ripetibile", mentre potrebbe essere che nessun fenomeno sia ripetibile e che alcuni fenomeni possano essere approssimati come ripetibili e altri non si riesca neanche ad approssimarli tali, essendo unici (e quindi irripetibili). Quindi -per suo postulato di fondazione- la scienza non si interessa di tutto il reale, ma solo di ciò che sia ripetibile da chiunque [seguendo un procedimento che sia equivalente (che porti alle stesse osservazioni di misura) per chiunque lo ripeta]. Precisato ciò, per la scienza non si conosce il reale, ma tramite una modellicizzazione del reale, a sua volta modificato/modificabile tramite la verifica del modello e della conferma ottenuta con la misura del reale. Si potrebbe dire: Bene, se io so che 10 patate -in genere- sono 1 kg, allora, _dopo_la_misura_ posso esser certo se il mio modello ("in genere dieci patate pesano 1 kg") dice il vero -> grazie alla misura! Invece la misura non è la verità assoluta, ma dipende dalla precisione dello strumento di misura, che non misura con precisione assoluta, ossia senza essere affetto da errore. In genere gli strumenti di misura più pacchiani si misurano nella loro devianza grazie a strumenti di misura più precisi. Ma supponiamo di disporre del migliore orologio che misura il tempo .. siamo certi che esso suddivide il tempo senza errori? Forse che riusciamo a non fare fluttuare la temperatura? Forse che riusciamo a non esporlo a campi magnetici variabili? Forse che è sempre colpito dalla stessa forza gravitazionale? .. dagli stessi raggi cosmici? .. dalla stessa posizione nella geometria dell'universo? .. forse che il tempo non risente della velocità del sistema inerziale e quindi la materia stessa non ha un "pulsare" diverso a secondo di a che velocità viaggia? (come insegna la teoria della relatività). Quindi l'unica cosa di cui siamo certi è il cambiamento. La filosofia parla -dai suoi priordi- di metamorfosi, metà-morphé, mutazione della forma. La scienza: "nulla si crea e nulla si distrugge e tutto si trasforma". In tale scenario siamo indotti a dire che i modelli ci sono utili come approssimazione per descrivere la realtà così come i pensieri li cerchiamo di esprimere tramite il linguaggio, e però facciamo fatica a fare in modo che esprimano esattamente ciò che vogliamo dire nel "pensato", tramite il "detto". Quindi la filosofia, la scienza, la religione, e tutti gli ambiti cognitivi, si sono sempre interessati della questione se ci possa essere un mattone fondamentale con cui costruire ogni concetto, così come le lettere dell'alfabeto consentono di costruire il linguaggio scritto in alcuni linguaggi (anche se non tutti i linguaggi hanno un alfabeto fisso, e anche il nostro alfabeto occidentale muta nel tempo). La cosa era ed è semplificata in questi termini perché il modello nasce proprio per la funzione di semplificare e però -grazie alla semplificazione- giungere ad una sintesi. Se gli umani riescono a capire che scavare una buca e coprirla di foglie consente al dinosauro di cascarci dentro e poi hanno carne e cibo, allora, il modello della buca potrà essere perfezionato, ma intanto ha raggiunto lo scopo per cui era stato pensato, pur semplice, pur da migliorare. Quindi -in genere- i modelli usuali funzionano tutti, ma vanno rivisti (qualunque cosa dicano con una quantità di informazione limitata) se vogliamo migliorarli, né esiste una teoria senzaltro vera ed un limite alla precisione come pensava Heinsenberg (ho già trattato dei traumi psicologici che portano il fisico Heinsenberg ad arrivare a questa conclusione: non aveva preso la lode ai suoi esami di laurea per una difficoltà con uno strumento di misura, e il "quanto" a cui si fermerebbe la precisione -> è vero solo se la luce non fosse ulteriormente scomponibile in una sottoquantizzazione). Quindi nessuna teoria -secondo questa mia teoria- è vera in assoluto, salvo di possedere tutte le informazioni possibili tanto da divenire certa. Ma dato che noi non possediamo tutte le informazioni, possiamo concludere che senzaltro ignoriamo, quindi siamo ignoranti. E' -se vuoi- la celebre frase di Socrate: "una cosa so: di non sapere". E qui bisognerebbe -per capirne sufficientemente il senso- distinguere il concetto di conoscenza assoluta e conoscenza relativa. Si potrebbe riformularla: Non posso escludere di potere sapere tutto. Ma per sapere tutto dovrei sapere tutto, mentre non so tutto. Quindi ne segue che sono con una conoscenza relativa. La cognizione che io sia con una conoscenza relativa, però, non è relativo, ma assoluto, visto che vi sono fatti che io non so e tra questi non vi è che io -da solo- sia Dio (l'ente, o collezione di enti perfetto). Almeno perché non amministro il Cielo e la terra. Né le galassie danzano come io -da solo- gli ho insegnato. In conclusione la ipotesi che le leggi siano sono una fenomenologia di larga scala, come nella teoria delle gravitazione, ma la materia nella struttura sub atomica segua le leggi del caso, è una teoria che nella meccanica quantistica funziona, come funziona dire che non c'è una regola nel collidere delle molecole di un gas, e si può misurare statisticamente, o con la teoria della probabilità, la temperatura di un gas. Però -si può dimostrare- che per il caso del gas, il fatto che il modello statistico/probabilistico/termodinamico funziona non dipende dal fatto che le molecole che si urtinano lo facciano senza una regola, mentre la regola ce la hanno. Il fatto che decidiamo di ignorare quale siano le regole di collessione e ci appoggiamo su un modello statistico è una semplificazione brutale che funziona perché -in media- è come se il gas agisse in modo disordinato, mentre non agisce in modo a-logico, ma per il principio di causa ed effetto. La contesa tra la scuola dei "deterministi" e della scuola di Copenhagen (teoria aleatoria), naturalmente te la ho solo accennata e vi sono anche -rimanendo in campo scientifico- i sostenitori dell'una e dell'altra fazione. Io sono per un moderato determinismo .. : - ) Nel senso che -come potrai riflettere rileggendo quello che ho scritto- il determinismo perfetto porta al "meccanicismo" e alla "perdita della possibilità di pensarsi liberi nel proprio agire". Nella mia teoresi attuale il margine emerge -alla moderazione nel determinismo vs il soggettivismo- dal fatto che _sono_i_modelli_ che approssimano i comportamenti come ripetibili e *non il reale*! : - ) Quindi in certi casi è facile operare tale semplificiazione e avere uno strumento di estrapolazione per essere predittivi, e governare psico-storio-grafica-mente il futuro, quindi usare la cybernetics in senso proprio: l'arte di guidare la mente, la nave per eccellenza. In altri casi, tanto è più complesso l'oggetto in esame, come la mente umana, allora, la soggettività e la irripetibilità dell'agire tende a prevalere e quindi la psicologia (come disciplina su basi scientifiche) si interessa delle persone non come oggetti, ma come *soggetti*. > Mi sembra più che ragionevole quello che dici, ma vorrei sapere: in base a > quale principio possiamo essere certi che indagare i fenomeni psichici e > sociali richieda lo stesso metodo che indagare fenomeni fisico-matematici? Non possiamo essere certi di nulla, a mio avviso, tranne dell'essere degli ignoranti. Detto ciò vale un minimo di capacità relazionale del cercare di accorgerci anche di quello che accade intorno a noi: se cercare di essere capaci di imparare da noi stessi e da ciò che ci circonda. > > Che la materia sia sconnessa alle sue fondamente possa essere vero da un > lato non mi comporta l'impossibilità di pensare agli archetipi, benché mi > renda conto che si tratta di due presupposti teorici differenti. > > Sto pensando nautalemente Feyerabendt... due modelli scientifici sono poi > realmente paragonabili fra loro? > > L'unico esempio che conosco di un influsso felice è quello delle teorie > cibernetiche sulla psicologia tramite la teoria dei sistemi... > Puoi costruirti tutti i modelli o le ricette da cucina che vuoi! Se piacciono alle persone a cui le offri -> sei a posto! : - ) Saluti, L ++ cit off ++ La mia tesi finale -nello scritto precedente- ossia cit: Puoi costruirti tutti i modelli o le ricette da cucina che vuoi! Se piacciono alle persone a cui le offri -> sei a posto! ..sembra accogliere -quindi- la critica di Goodman, ossia che l'*induzione* sia uno strumento che non è scientificamente appropriato a vedere il reale quale è, ma "quale noi vorremmo che fosse", quindi operante una "distorsione" e un offrire una fenonomenologia deviante alla realtà. Ma tale fondamentalismo cognitivo non è fecondo. (Non è fecondo -in specie- a potere realizzare una sintesi). Siamo negli stessi problemi della critica di Popper quando esaminava con quale "teoria di teorie" si potesse esaminare la convergenza o meno di una teoria al vero. Popper nella discussione con Einstein (in "Logica della scoperta scientifica", sottotitolo: "il carattere autocorrettivo della scienza") chiede ad Einstein se si possa -nella fisica- disporre di un esperimento che ci ridia « te-o = te-p », lì chiamato "caso superpuro", una misura certissimamente non affetta da errore di modo che Popper possa "collaudare" la sua teoresi della corroborazione, nella misura del delta di errore nelle toerie che cercano di convergere al vero. Einstein ricorda -al filosofo Popper- che "non è mai possibile avere una misura non affetta da errore" per le stesse ragioni che io ho spiegato sul gruppo moderato di psicologia: che siamo "certi della metamorfosi del reale", e -quindi- si può solo tentare di stabilizzare un evento campione, ma non è possibile riuscirci senza errore, pur piccolo. Preso atto di ciò .. non è da fare una critica alla induzione come inadeguata, ma proporre dei modelli che possa essere dimostrato che riduco il delta di errore, dando per scontato che esisterà sempre un delta di errore -> tra teoria e reale. ================================== TEORIA DI CIO' CHE SIA IMPENSABILE ================================== Infine affronto la tua critica sulla questione che -a tuo avviso- non ci possiamo esprimere sull'impensabile. Ciò è vero nello schema di deduzione: Nello schema di deduzione la collezione, chiamiamola Omega, su cui ci si esprime, deve essere nota a priori. Ad esempio: Quante mele ci sono in casa di Pierino? In ipotesi che -ad una certa data- vi sono sia quelle che ha comprato la Mamma di Pierino, e sia quelle che ha portato la Nonna, che è venuta a trovare Pierino, supponiamo che siano: mele della Mamma = 5 mele della Nonna = 7 Da questo assunto, si può dedurre che Pierino non può mangiare, se non esce di casa e nessuno gli porta altre mele, più di 12 mele .. anche se volesse. La deduzione infatti dispone "di tutti i dati su cui pronunciarsi", e le costatazioni sulle collezioni interne a Omega sono un sottoinsieme di tutti i dati già disponibili. Russell insegna che Omega, inoltre, per non incorrere in aporie, ossia in contraddizioni logiche, deve avere un insieme più esteso di Omega (sia Omega*), poiché si incorrererebbe in paradossi del tipo "chi fa la barba al barbiere?". Precisa inoltre Godel, e Chomsky, che non si può operare sull'insieme che contiene Omega, sia (ancora) Omega*, a meno che Omega* non sia a sua volta incluso in un sovra-insieme, sia Omega**, e così via iterativamente. E' il tema della "frontiera di Omega", già più volte trattato anche qui su it.cultura.filosofia. Supponiamo che non si conoscano quante mele ci sono in tutto il reale. La scienza e la logica non hanno nulla da dire su quante mele potrebbero esistere? Vi sono robot di recente costruzione che riescono a ricaricarsi e a funzionare mangiando roba commestibile anche agli umani. Se si invia un robot su un altro pianeta e lo si invia in letargo, quale sarà la regola da dargli per decidere cosa sia commestibile? Il processo di scelta può essere fatto solo per induzione e non per deduzione, poiché noi NON sappiamo cosa potrebbe trovare il robot una volta sbarcato su un pianeta remoto, e a noi incognito, a noi impensabile (in modo certo). E' vero che al ristorante ciascuno di noi può decidere di non accettare la bistacca perché "è come suola di scarpe", "è INPENSABILE che si possa mangiare una cosa che potrebbe tappare solo i buchi nelle scarpe". MA l'induzione serve a fare proprio queste scelte drastiche ed eventualmente è "ri-programmabile", come insegna la AI. In definitiva la filosofia -che fosse con la puzza sotto il naso- che si basasse solo sulla scelta vero/falso non accederebbe mai al REALE! Poiché la realtà NON è mai esattamente quella che ci immaginiamo (o pensiamo) che sia. Se vogliamo isolarci in un iper-uranio di rassicurazione in cui finché il cameriere o il maggiordomo non ci porta la bistecca "come diciamo noi" .. possiamo farlo pure .. ma se non sappiamo adattarci ad imparare _dal_ reale -> c'è il rischio di morire di fame o -in generale- morire e stop, non sapere pensare il futuro oltre ciò che pensiamo ora. E' la induzione e -in generale- la teoria dei modelli la capacità degli umani (soprattutto e non solo) di immaginarsi come potrebbero essere le cose e provare a far sì che "il reale" & "ciò che desideriamo" -> coincidano senza fare castelli campati per aria, poiché vogliamo veramente volare e non fracellarci come coloro a cui si sciolgono le ali fatte di cera. Per fare ciò -> dobbiamo cercare di esprimerci anche su ciò che sia impensabile, grazie all'eureka! : - ) E scoprire che non eravamo -meccanicisticamente- solo il nostro passato, ma eravamo veramente *liberi di pensare il futuro* come avevamo deciso che fosse! Grazie del tuo contributo a questa dicussione, senza il quale il mio non sarebbe stato possibile. Ringrazio anche coloro che hanno deciso di contribuire ironizzando il tema. Né consiglio di affrontarlo a lungo a coloro che NON amino molto la verità, poiché potrebbe destabilizzarli. Anche le vostre barzellette, come quelle di Mr B, sono sempre gradite, né meno importanti a ciò che saremo. Grazie a tutti, salute felicità, L